Nascita di uno Stato. E di un tabacco
La Londra del 1609 era in gran fervore. Dei circa 230.000 abitanti i più popolavano le strade dei sordidi quartieri medioevali, gli altri facevano vita sociale in eleganti palazzi. Crescevano le manifatture e i traffici, al Globe Theatre furoreggiava William Shakespeare. Dai pulpiti delle chiese, dai pamphlet propagandistici, dai discorsi a corte e in parlamento, dai manifesti per strada, dagli appelli dei banditori arrivava lo stesso identico messaggio: un ghiotto business per chi aveva da investire, una terra promessa per chi aveva da cambiar vita aspettavano al di là del mare. In Virginia.
Rafforzato dalla vittoriosa guerra contro la Spagna il Regno Unito era pronto per più ambiziosi progetti d'espansione. Anche in America, in quel nuovo continente dove Spagnoli e Portoghesi erano già saldamente insediati e invece i Britannici avevano avuto ben poche soddisfazioni: dalla prima Colonia Virginia sull'isola di Roanoke abbandonata nel 1586 su una nave di Francis Drake, al secondo tentativo nello stesso luogo (1587) di gente poi sparita nel nulla e mai più ritrovata.
Solo nel 1607 un centinaio di uomini s'era insediato stabilmente in Virginia, ma laggiù si resisteva in condizioni proibitive: per rafforzare la colonia c'era bisogno di capitali, di uomini. Li cercava, con quel ricorrente messaggio, la Virginia Company: società privata che agiva su mandato del re.
Diversamente dagli Spagnoli, le cui imprese coloniali erano sotto il rigido controllo della Corona, nella Londra dei mercanti e degli artigiani si preferiva improntare a spirito imprenditoriale queste iniziative: dovevano essere autofinanziate, condotte in maniera tale da trarre buoni profitti che ovviamente sarebbero rifluiti in patria. L'eventuale scoperta d'un passaggio oltre il continente americano, verso le vere Indie, avrebbe potuto rendere l'impresa ancor più remunerativa.
Con questa mentalità, con questi fini era stata costituita nel 1606 la Virginia Company. Va precisato che per "Virginia", nome collegato alla defunta "regina vergine" Elisabetta I, s'intendeva allora l'intera costa orientale americana a Nord dell'attuale Florida. Grazie al buon numero di sottoscrizioni e di adesioni, ai primi di Giugno del 1609 partì una flotta di nove navi con circa 600 persone dirette in America. Sull'ammiraglia, la Sea Venture, s'imbarcò insieme alla moglie un uomo di 24 anni nato da un'antica famiglia di Norfolk e già affezionato ai piaceri della pipa: John Rolfe.
Quelle traversate si facevano da cent'anni, nulla di eccezionale ormai. Ma dopo sette settimane di attesa e noia, erano quasi arrivati, la tempesta! Violenta, orribile: la Sea Venture strappata via dalle altre navi. Ore e forse giorni alla cappa, poi arenati al largo di un'isola sconosciuta. Si salvarono tutti e 150, anche l'equipaggiamento. L'isola era splendida! Vegetazione lussureggiante, pesce gallinacei e maiali selvatici in quantità, clima ottimo: un paradiso che avrebbe poi ispirato l'ultima opera di Shakespeare, "La Tempesta". Ma i naufraghi non stettero a godersi quelle delizie. In otto mesi, con i resti della nave e il legname del luogo, fecero due imbarcazioni più piccole sulle quali s'imbarcarono, lasciando però alcuni uomini a mantenere il possesso di quell'arcipelago: le Bermude.
Volte le prore verso Ovest puntarono al continente americano, poi bordeggiarono fino all'estuario di un fiume che, in onore del re, era stato chiamato James. Lo risalirono per 60 miglia fino a una penisola boscosa lambita su tre lati dal fiume e da paludi dov'era il villaggio fortificato di Jamestown. Buona scelta dal punto di vista militare, la minaccia delle navi spagnole la giustificava. Come luogo per vivere era il peggio che si potesse immaginare: umidità, acque putride, insetti, terreno arido e nelle vicinanze una popolazione di 20.000 indiani algonchini ben radicati, orgogliosi e non certo ben disposti verso chi pretendeva d'insediarsi a casa loro.
Preparandosi all'attracco, quelli delle Bermude s'aspettavano tanta gente ad accoglierli: innanzitutto i 450 con i quali erano partiti, che effettivamente avevano raggiunto la colonia l'Agosto 1609, e poi quelli delle precedenti spedizioni; invece... A Jamestown, solo 60 persone estremamente provate. Gli altri se li erano portati via le malattie, gli incidenti, gli scontri con gli indiani, la siccità, la carestia, i rigori d'un terribile inverno.
L'arrivo d'un altro centinaio di bocche da sfamare quando i viveri erano quasi finiti portò la situazione a un punto di non ritorno: dopo poche settimane, erano i primi di Giugno del 1610, si decise di ritornare. Oltreoceano, naturalmente. Così partirono, discesero il James per una decina di miglia finché, fermi tutti: un'altra imbarcazione risaliva la corrente! Lord De La Warr, con nuovi rinforzi, era arrivato ad assumere la carica di Governatore della Virginia. Salvata da una coincidenza, la colonia era in ogni modo un disastro: pozzo senza fondo nel quale uomini e investimenti andavano perduti. Sempre più difficile sarebbe stato trovare nuovi coloni, nuovi capitali. Eppure s'era tentato di tutto per innescare qualche lucrosa attività, qualche commercio con gli autoctoni o con la madrepatria: agricoltura, ricerca di minerali, attività artigianali. Niente da fare. Ci fosse stata un'altra idea più efficace!
Alle Bahamas John Rolfe aveva perso la figlia appena nata; poco dopo, a Jamestown, anche la moglie. Gli rimaneva ben poco a parte la sua pipa; ma c'era il problema del tabacco. Gli Indiani, è vero, lo coltivavano; ma erano piante non troppo alte con piccoli fiori gialli, foglie corte e spesse e un aroma pungente che mordeva la lingua: Nicotiana Rustica insomma. Ben altra qualità rispetto al prodotto spagnolo conosciuto a Londra; ma procurarselo a Jamestown era impossibile, a meno di non mettersi lui stesso a coltivarlo! Lo aiutò un marinaio che frequentava i Caraibi, Trinidad in particolare. Nonostante le severe restrizioni non era impossibile portar via di là un sacchetto di semi: quei luoghi selvaggi soggetti alle scorrerie dei bucanieri erano pieni di piccoli produttori abusivi e di contrabbandieri. Il controllo degli Spagnoli era a maglie troppo larghe per poter trattenere proprio tutto.
Quei semi furono solo l'inizio. Come farli germinare, e quando? Come selezionare le piantine più adatte, come trapiantarle? Quale il miglior tipo di terreno, come lavorarlo? Come trattare la pianta mentre cresceva ed essicarne le foglie una volta mature? Rolfe non era un agricoltore, e del resto gli europei di inizio Seicento sapevano in fatto di coltivazioni poco più degli antichi Romani. Ma era persona d'ingegno e con la testa dura. Già nel 1612 fu in grado di distribuire campioni del suo tabacco agli amici, i quali lo trovarono morbido e forte. Il resto lo spedì nel 1613 in Inghilterra dove fu giudicato di buona qualità (se pure non ancora all'altezza di quello spagnolo) e pagato di conseguenza. Ma il primo vero carico lo spedì nel 1614.
Matoaka era figlia di Powhatan, capo supremo di tutte le tribù circostanti. I rapporti con gli inglesi erano stati fin dall'inizio burrascosi ma lei, bambina sveglia curiosa e birichina, aveva sempre avuto simpatia per gli intrusi: spesso li aveva concretamente aiutati. Diventata ragazza era stata anche rapita dai coloni nel corso di un duro confronto con suo padre, ma trattata bene. Fu allora che trovò John Rolfe. L'amore fra i due era sincero: tanto da superare tutti gli ostacoli e i pregiudizi che, da entrambe le parti, trovò sul suo cammino. Matoaka, convertita al cristianesimo e battezzata col nome di Rebecca, sposò John nel 1614. Matrimonio d'amore, con aspetti diplomatici: quel ponte gettato fra due popoli significò otto anni di pace. Nel 1616 Rolfe veleggiò verso Londra con la moglie, che fu accolta con tutti gli onori ma dopo pochi mesi si ammalò. Morì sulla via del ritorno. A Rolfe restavano il figlio avuto da lei e il ricordo di quella donna "sveglia curiosa e birichina": questo significava "Pocahontas", soprannome algonchino che fin da piccola lei aveva sempre portato con sé. Rolfe morì nel 1622 probabilmente durante un massacro di coloni: la tregua con gli indiani era morta con Pocahontas. Fino alla fine aveva proseguito gli esperimenti per perfezionare il suo tabacco, facendo tesoro di tutte le tecniche indiane di coltivazione che Matoaka gli aveva trasmesso.
Ma già da qualche anno era tutto cambiato. Quando nel 1617 il capitano Samuel Argall arrivò in veste di nuovo Governatore trovò Jamestown semiabbandonata e in rovina, le strade e ogni spazio libero coltivati a tabacco, i coloni dispersi sul territorio a crescere tabacco! Rolfe aveva trovato la soluzione, tutti si erano lanciati nella sua scia e la Colonia, finalmente, poteva stare in piedi con le sue forze. La fase delle difficoltà e del disordine non era certo conclusa, ma nessuno immaginava più di abbandonare la Virginia. Quell'anno 20.000 libbre (circa 10 tonnellate) di tabacco presero la strada dell'Inghilterra, l'anno seguente più del doppio, dodici anni dopo un milione e mezzo di libbre! Vendere un prodotto di successo significava acquistare utensili, cibo, generi di conforto o addirittura manodopera a basso prezzo: i primi schiavi africani arrivarono nel 1619, pagati direttamente in tabacco. Con la stessa "valuta" si pagò il viaggio a tante donne inglesi disposte a sposare un colono. Dalle navi sbarcavano sempre più persone accorse in quella che adesso era davvero la terra promessa. Più prosperità, più insediamenti, una società fattasi complessa iniziò a perfezionare regole e organi di rappresentanza. Quando nel 1624 la Virginia Company fu sciolta e la Virginia diventò una colonia reale, quel nome non indicava più una lunghissima e indeterminata fascia di costa ma un preciso territorio in via d'espansione.
Il tabacco richiedeva molta terra: senza fertilizzanti la sua coltura esaurisce in pochi anni le capacità nutritive del terreno. Fin dai primi anni Dieci del Seicento si era capito che a Jamestown andavano aggiunti nuovi insediamenti lungo il fiume; lo stesso John Rolfe, nel 1612, creò una piantagione circa trenta miglia più a monte. Man mano che cresceva la produzione di tabacco, man mano che si esaurivano i terreni e la minaccia indiana diminuiva, ci si spingeva sempre più in là: prima lungo la costa e poi all'interno, anche fin oltre i confini dell'attuale Virginia. In pochi anni il tabacco aveva trasformato l'occupazione quasi simbolica di una piccola penisola sul fiume nel possesso stabile di sconfinate estensioni di terreno.
Le coltivazioni sempre più estese diedero luogo a tante diverse tipologie di prodotto, variando i luoghi e i terreni. Anche le tecniche agricole e di trasformazione si moltiplicarono in uno sforzo continuo di miglioramento generando e sedimentando una quantità di segreti ed esperienze che John Rolfe nemmeno avrebbe immaginato. Ma la continua ascesa dell'offerta portò anche a fasi durissime di calo dei prezzi nelle quali molti tendevano, per non soccombere, a diminuire la qualità. Si resero necessari i controlli, che a partire dal 1630 comportarono il conferimento del tabacco in grandi depositi, con due interessanti conseguenze. La prima: chi portava tabacco al deposito se lo vedeva distrutto se scadente; ma se invece era buono gli veniva consegnata una ricevuta attestante la quantità e la qualità. Queste "tobacco notes" assunsero il ruolo di valuta corrente universalmente accettata. La seconda: i grandi depositi di tabacco disseminati in posizioni strategiche sul territorio aggregarono gente fino a diventare paesi e città che ancor oggi sono paesi e città della Virginia. Jamestown invece decadde non appena la capitale, nel 1698, fu trasferita a Williamsburg. Dopo pochi anni era già in rovina. Oggi se ne può visitare il sito archeologico.
Assieme alla coltivazione e alla lavorazione del tabacco si sviluppò la rete dei servizi: dai controlli di qualità al trasporto fino alle navi, alle innumerevoli attività legate al commercio. Fu questa, a lungo, la spina dorsale della Virginia. Le famiglie più potenti erano quelle dei grandi piantatori o esportatori. Molte di esse discendevano da John Rolfe e Pocahontas o con essi erano in qualche modo imparentate. Il tabacco restò a lungo la principale voce di entrate per lo Stato. Attraverso i dazi imposti dalla Gran Bretagna alle importazioni fu pure una importante risorsa per la madrepatria, che però a un certo punto dovette rinunciarvi: i dazi, uniti all'obbligo di non esportare in altri Paesi furono vissuti dai coloni come una inaccettabile costrizione. Come il té, il tabacco fu uno dei formidabili detonatori della rivoluzione americana.
Ancor oggi la Virginia, accanto ad altre importanti attività, annovera il tabacco fra le sue risorse. Ma il "Virginia" non è più esclusivamente un prodotto locale. Coltivato in diverse parti del mondo, è diventato una delle più apprezzate tipologie di tabacco, e non solo da pipa.