Se c’è una cosa di buono dei quotidiani è che il giorno dopo, quando le notizie sono “scadute”, possono sempre servire per farci un cappello. Le mani di Pippo ormai conoscevano a memoria i gesti che trasformavano una pagina di giornale nel suo copricapo da lavoro. Prendeva un foglio, lo metteva sul tavolo piegato a metà e dopo una serie di piccole pieghe fatte nel posto giusto, compiva il miracolo. Un cappello di carta poteva durare anche molti giorni fra la polvere e il sudore. Ovviamente non c’era una relazione fra le notizie che casualmente erano state sorteggiate per diventare cappello e la robustezza dello stesso. Per Mimmo, fin da bambino, vedere in testa al padre quella carta disegnata con parole fitte che si incrociavano geometricamente e che avevano ormai perso il loro significato iniziale per diventare una protezione, era sentirsi a casa. Come quando la mamma Adalgisa lo costringeva durante le vacanze estive in Calabria a dare il suo contributo nel fare la salsa di pomodoro. Quanti pomodori erano passati tra le mani di Mimmo e quanto profumo. Un profumo dolce che sapeva di casa, come il profumo secco e pungente della segheria a Taggia, anche quella era casa. A scuola andava così fiero del lavoro del padre. Quanti potevano dire che il padre lavorava con il legno, come nelle favole? E se c’era da portare del materiale per fare dei lavoretti, quando tutti portavano pongo, plastilina o al massimo della pasta di sale, lui portava un robusto pezzo di radica... continua