L'aveva visto in un Museo, o forse su un libro. Aria fiera e piglio aristocratico, il dipinto raffigurava un nobile del Rinascimento: un certo Ser Jacopone. Ma Jacopone no, troppo "importante", meglio Jacopo! "Ser Jacopo: ci chiameremo così". Era il 1981 o il 1982. Giancarlo Guidi, a circa 38 anni, era a uno degli snodi della sua vita.
Nato a Pesaro (Italia centrale) alla fine della guerra, aveva due grandi passioni: la pipa, che aveva scoperto a 16 anni, l'espressione creativa in tutte le sue forme. Aveva studiato all'Istituto d'Arte Ferruccio Mengaroni, fortemente orientato alle arti applicate, fiore all'occhiello della sua città. Aveva fatto poi esperienza nel campo delle ceramiche delle maioliche e degli smalti, nei quali Pesaro vanta una secolare tradizione; ma presto si era accorto che, per lui, la più autentica forma di creatività scaturiva proprio da quelle pipe che con tanta passione "frequentava" nei momenti di relax.
A 26 anni, era il 1970, lavorò in due realtà produttive marchigiane dedicate alla pipa: quella fondata nel 1968 a Recanati da Igino Moretti sulle ceneri di altre manifatture che risalivano all'Ottocento; quella nata a Castelfidardo anch'essa nell'Ottocento ma poi trasferita vicino a Loreto dopo il 1945, che rispondeva al nome curioso di "Non canta la raganella". Passò un periodo anche vicino a Varese (stavolta al Nord) nell'altro centro italiano della pipa. S'era anche creato un laboratorio personale con pochi arnesi e alcune semplici attrezzature di seconda mano - sega a nastro, disco abrasivo, levigatrice a nastro - con cui provava e riprovava.
In Italia non era un buon periodo per la pipa: una produzione in gran parte bloccata su canoni obsoleti guardava con sospetto alla ventata di novità in arrivo dalla Danimarca. Lo stesso Guidi, desideroso di stimoli nuovi, ne aveva trovati ben pochi nelle sue esperienze lavorative: aveva però acquisito una sufficiente padronanza del mestiere; e riflettuto a lungo sul fatto che replicare industrialmente sempre le solite forme impediva di valorizzare al meglio le infinite varianti delle venature che capricciosamente la radica svela al suo interno.
Altri, a Pesaro, nutrivano simili pensieri. Alcuni amatori della pipa non contenti di quanto offriva il mercato, gente con voglia d'intraprendere e non priva di mezzi, cominciarono a immaginare una nuova manifattura italiana di qualità che offrisse, a loro e ad altri, strumenti da fumo più stimolanti. Si misero alla ricerca di uno specialista, e lo trovarono in Giancarlo Guidi. Risultato dell'incontro, la società Mastro de Paja nata nel 1971.
Entrato come socio e direttore di produzione, Guidi non perse un attimo: nel 1972 le prime pipe uscivano dal nuovo laboratorio. Partito come quasi-sconosciuto di talento con poca esperienza ma grandi capacità, in pochi anni riuscì a crescere anche imparando dagli errori, diventando Maestro riconosciuto a livello internazionale. "Maestro" per le sue doti creative e la perizia tecnica ma anche, nel senso proprio del termine, per la sua capacità di individuare e allevare sempre nuovi artigiani-artisti. Creò in azienda un ambiente di grande livello, dal quale germinò addirittura una "scuola"- la cosiddetta Scuola di Pesaro- man mano che i più bravi si mettevano in proprio dando luogo a nuove realtà produttive. Dopo una decina d'anni emersero difficoltà e differenti vedute sulla gestione della società: arrivato alla soglia dei 40 anni, Guidi sentì la necessità di cambiare.
Nel 1981, lasciata Mastro de Paja, si trovò nella condizione di ricominciare da capo ripartendo dai pochi strumenti, dalle semplici attrezzature con cui aveva incominciato. Disponeva però di una grande esperienza, di una fama ben consolidata e dell'aiuto di Bruto Sordini che, suo collaboratore dal 1974, ora lo seguiva nella nuova avventura. Fu allora che dalla sua fantasia scaturì l'idea di Ser Jacopo, anzi Ser Jacopo dalla Gemma: questa la denominazione completa del marchio e della Società, nata nel 1983; Sordini avrebbe poi lasciato nel 1988 per lanciare a sua volta il suo marchio indipendente. Nemmeno stavolta Guidi perse tempo: in breve le sue nuove pipe erano sulla cresta dell'onda. Le invenzioni, le intuizioni già sviluppate in Mastro de Paja trovarono sviluppi ancor più perfetti, moltiplicandosi grazie a una mai esaurita inventività. Nuovamente si ricreò quell'ambiente di aristocrazia artigianale che solo nelle più fortunate storie di pipe-makers si può incontrare. Altri impeccabili artigiani, dopo un periodo di lavoro e formazione presso Guidi, andarono a ingrossare le fila della ormai rinomata Scuola di Pesaro. Ma a un certo punto Giancarlo Guidi si fermò.
Di fronte a certe malattie si può reagire in modi diversi: il Maestro dedicò tutte le ultime energie a programmare, a predisporre, a far sì che la sua creatura gli sopravvivesse, e così è stato. A qualche anno dalla sua dipartita, Agosto 2012, Ser Jacopo dalla Gemma gode ottima salute, guidata da Maurizio Fraternale: già distributore e poi socio di Guidi. Le pipe "inventate" da Giancarlo e portate avanti da Maurizio non cessano di stupire, di essere riconoscibili. Ma qual è la formula magica di Ser Jacopo?
Non si comprendono né l'opera né il lascito di Guidi senza aver presente la sua formazione artistica: l'attenzione alla Storia, alla classicità, alle stesse connessioni fra diverse espressioni dell'arte ha sempre caratterizzato il suo lavoro. Altro elemento è la padronanza tecnico-artistica nella lavorazione dei diversi materiali. La radica innanzitutto, dalla quale il Maestro pretendeva il massimo utilizzando solo plateaux di qualità Extra Extra, inventando esclusivi trattamenti di cura e stagionatura, adattando la forma all'andamento delle venature, facendo di tutto per evidenziarle al meglio. E poi le gemme, i metalli preziosi, il corno, l'osso, i legni esotici utilizzati per una miriade di sontuose finiture: così varie e perfette da dare un tocco inconfondibile alle forme classiche di queste pipe le quali, inutile dirlo, sono tutte realizzate rigorosamente a mano.
Ogni pipe-maker che si rispetti si esprime nella creazione di speciali serie; non sfugge alla regola Ser Jacopo, che anche in questo campo sorprende con l'originalità delle sue proposte:
Fra le serie più "antiche" citiamo Renaissance, 1984, destinata al solo mercato americano: eccellente reinterpretazione di forme super classiche; Calabash iniziata nel 1996: la particolare curvatura della zucca è ottenuta nella radica grazie a raffinate modalità di perforazione del cannello; La Pipaccia, dal 1996: ispirata agli strumenti da fumo che marinai di tante diverse provenienze fumavano un tempo nel porto di Pesaro; Domina, sempre dal 1996: ogni anno una nuova perfetta variante; Compta: capolavori di classicità reinterpretata, le pipe più difficili da creare a detta di Giancarlo Guidi.
Inconfondibili e famose le serie Picta, con pipe ispirate a quelle apparse nei dipinti di artisti famosi come Vincent Van Gogh, René Magritte, Pablo Picasso, Joan Miró. Calumet propone in quattro varianti e in tiratura limitatissima le forme e la tradizione degli Indiani d'America. Luciano è una interpretazione molto particolare (in due versioni) delle Calabash. Millennium è legata all'anno 2000: capolavori che si rivedranno solo fra 1000 anni.
Iucunda: da un segretissimo trattamento a olio, un fumo particolarmente dolce. Delecta, Pulchra, Flatus, Imago, Melolontha, Cymatium si distinguono per le particolarissime vere: quella di Cymatium richiama un capitello. Leonardo da Vinci: pipe dal fumo particolarmente fresco ispirate a un disegno attribuito al grande tecnico e artista. Albus et Niger si distinge per il contrasto fra la testa scura e il bocchino di bianco metacrilato raccordati da una doppia vera in argento. Historica ripropone ogni anno un vecchio modello di Guidi rivisitato in chiave moderna.
Gemma è ancor oggi la serie di punta: produzione limitata, il massimo in quanto a lavorazione e qualità della radica. Ulteriore tocco di raffinatezza, la pietra preziosa incastonata nel bocchino entro un anello d'oro 18 carati: il tipo di pietra (smeraldo, granato, zaffiro, rubino, brillante in un "brillante" crescendo di perfezione) indica il grado di qualità.
Le pipe Ser Jacopo si trovano generalmente in tre finiture (rusticata, sabbiata, liscia) e in diverse colorazioni. Fatta eccezione per la serie Gemma, non portano indicazioni che consentano di datarle. Unico indizio è il seguente: prima del 1997 vi era sul bocchino un pallino di corallo rosso, a volte circondato da un anello d'argento. Nella produzione più recente il pallino di corallo è sostituito da una "J" d'argento, fatta eccezione per le pipe Gemma nelle quali il marchio è costituito dalla pietra preziosa inscritta nell'anello aureo e per la serie entry level La Fuma che porta un pallino rosso ma non più di corallo.
Nelle pipe Ser Jacopo ricorrono le scritte Fatta a mano e Per aspera ad astra. Quelle particolarmente grandi vengono marchiate Maxima o addirittura Maxima Maxima.
Un ringraziamento particolare a Maurizio Fraternale per il contributo dato alla realizzazione di questo articolo
Milano, ottobre 2016