Ci sono cose che si dovrebbero cambiare nel mondo e altre che sarebbe bene rimanessero così come sono. Chi vorrebbe cambiare gli arcobaleni per esempio? Nessuno. Chi vorrebbe cambiare il latte e biscotti, le coccole, le domeniche mattina a letto quando fuori piove, le risate? Nessuno. E il Natale rientra nella nostra lista delle cose che noi non vorremmo cambiare mai. Il Natale inteso come spirito, calore, emozione e non come facciata. Ed è proprio questo che ogni anno cerchiamo di riproporre con la nostra favola. Prendete carta e penna e fate anche voi la vostra lista: cose che vorreste cambiare e cose che vorreste tenere per sempre come sono. E tra i buoni propositi dell’anno nuovo, impegnatevi affinché la parte delle cose da cambiare, grazie a voi, diminuisca di numero, o almeno la si possa guardare da un altro punto di vista.
Deve essere stata una mosca. Strano una mosca a dicembre e per di più al Polo Nord, ma quasi sicuramente è stata lei a distrarre Babbo Natale. Forse una mosca scappata dalle stalle delle renne che si è trovata a meno 30 e appena ha potuto è entrata dalla finestra per scaldarsi un po’. Comunque l’insettaccio gli si è posato sul naso e gli ha fatto perdere l’equilibrio. Non è difficile immaginare la scena: zzzzzzz, zzzzzz, zzzzzzzzzzz. Atterrata. Prima lui deve averla messa a fuoco incrociando gli occhi e poi ha cercato di scacciarla con la mano. Peccato che Babbo Natale non fosse proprio stabile sul pavimento mentre decideva di dare la caccia all’intrusa, ma si trovasse invece in piedi su una sedia intento a prendere la scatola dei bottoni in cima all’armadio. Quando mai ha deciso di metterla proprio là quella scatola. Ogni anno la stessa storia. Si avvicina Natale e le giubbe di elfi e folletti sono una distesa di asole senza amici da abbracciare. Bottoni e ancora bottoni, che cadono come soldati in battaglia. Per non parlare della sua giacca rossa, quella della vigilia. A volte sono le sue curve che spingono troppo e che li mettono a dura prova facendoli cadere, altre volte sono gli imprevisti, come i bottoni che rimangono agganciati al sacco dei regali e si staccano, quelli che si rompono mentre lui scivola giù dal camino, o quelli che si perdono in cielo durante il tragitto, impigliati in una stella o per la troppa velocità. Insomma, per babbo Natale, oltre alla lettura delle lettere e alla gestione di tutto il suo staff per rispondere a tutti i bimbi, prima della notte del 24 dicembre c’è anche la parte più casalinga, come quella delle piccole riparazioni sartoriali. E poi a lui piace. Si mette in poltrona, quella che ormai ha la sua impronta e lo aspetta tutte le sere davanti al camino, si accende la lampada che è sul tavolino lì accanto e si mette a rammendare strappi e ricucire bottoni. Non manca mai una tazzona di latte caldo che a ogni sorso gli appanna gli occhiali.
Ma torniamo alla mosca e a quanto successo per colpa sua. Un uomo di quella stazza (e di quell’età, va detto) che si mette in piedi su una sedia, si sporge verso l’armadio per prendere la scatola dei bottoni e improvvisamente si mette ad agitare le braccia per togliersi la mosca dal naso, capite bene che come minimo può barcollare, se non cadere. E così infatti è successo. Babbo Natale è scivolato senza riuscire a frenare la caduta e si è schiantato rovinosamente al suolo, battendo la testa. Il tonfo è stato così forte che la neve sul tetto ha avuto un sobbalzo e si è ammucchiata spaventata a terra lungo i bordi della casa. E adesso eccolo là, disteso sul pavimento con un bernoccolo rosso sulla fronte e con la mosca appoggiata sopra. Che dolore! Quando Babbo Natale ha riaperto gli occhi intorno a lui c’erano tutti. Chi gli faceva aria, chi gli chiedeva se stava bene, chi gli porgeva un bicchiere d’acqua. Tutti lì, per lui, solo per lui, preoccupati, amorevoli, familiari. Ma chi erano? Babbo Natale non riusciva a riconoscere nessuno fra quelle facce. Sorrideva senza capire. La botta gli aveva cancellato la memoria. Niente più traccia. Chi erano tutte quelle persone? E chi era lui? Quando la cosa fu chiara anche ai presenti, al Polo Nord si diffuse il panico. “Natale è tra una settimana, come faremo?” dicevano i più mettendosi le mani nei capelli. Fu chiamato l’elfo medico, Ippocratinc, per avere un responso più preciso, forse si poteva sperare in una convalescenza breve, chissà. Ma il responso fu: “assoluto riposo finché non torna qualche ricordo”. Riposo? “No, non è possibile, non si può fare. Chi glielo dice ai bambini di tutto il mondo che quest’anno niente regali perché Babbo Natale non sa di essere Babbo Natale?” Eh, già! Chi glielo dice? E così i suoi più vicini collaboratori si trovarono costretti a ricorrere a un piano d’emergenza. Inutile sperare nel miracolo, c’era solo da avvisare ogni casa, in ogni parte del Pianeta, che i regali non sarebbero arrivati per il 25 dicembre, invitando tutti a pregare perché le cose si ristabilissero al più presto. L’indomani milioni di gufi postali partirono col messaggio da lasciare nella casetta della posta di tutti i bambini. Un foglietto di carta arrotolato con dello spago verde e rosso diceva “Babbo Natale ha perso la memoria. È con grande dispiacere che annunciamo niente regali per la notte di Natale. Speriamo tutti si rimetta al più presto.” A parte i primi minuti di smarrimento generale, tutto sommato, il mondo rispose abbastanza bene. La gente cominciò a organizzarsi per far avere comunque dei regali ai bambini. C’era solo da rimboccarsi le maniche, il tempo era davvero poco. Nacquero club di mamme che cucivano bambole e orsacchiotti, associazioni di papà che avvitavano e intagliavano trenini, automobiline, cavalli a dondolo. Squadre di bambini che mettevano a disposizione i loro vecchi giocattoli ancora funzionanti. In ogni città, paesino, campagna, grazie a questo contrattempo, si riscoprì il piacere di ritrovarsi per pensare agli altri. Si riscoprì il piacere del dono. Nel frattempo a casa Natale, tutti gli elfi, gli gnomi, le fate e persino le renne, non facevano che occuparsi di Babbo Natale che si ritrovava a dover reimparare il mondo. Al mattino una passeggiata all’aria aperta per conoscere la neve, gli alberi, gli uccellini e il cielo. Poi a casa con tutti gli amici che si avvicendavano al fianco della sua poltrona per raccontargli storie di vita vissuta insieme, nella speranza che si smuovesse qualcosa. Ma nulla. La vigilia arrivò e la grande famiglia, ormai rassegnata, decise di organizzare una cena per festeggiare. Per la prima volta in assoluto, un Natale insieme intorno a un tavolo o davanti al camino e non al lavoro o su una slitta. C’era qualcosa di nuovo e di eccitante in questo preparare da mangiare insieme, addobbare la casa, incartare regali non da portare in giro. C’era un’aria di festa che avvolgeva tutto e faceva dimenticare la sfortuna capitata. Ecco cosa si prova a Natale, nessuno di loro lo sapeva con esattezza. Il calore della famiglia è un vero toccasana.
Ed ecco che mezzanotte si avvicinava. Sulla Terra i bimbi erano già a dormire, sereni che l’indomani non sarebbero rimasti a bocca asciutta grazie alla buona volontà di mamme e papà e amichetti vari. A casa Natale era arrivato il momento di aprire il regalo che tutti insieme avevano confezionato per quello smemorato di Babbo Natale, nella speranza che fosse proprio quello a risvegliarlo dal torpore in cui la sua mente era caduta. Gli si fecero intorno, trattenendo il fiato, mentre le sue manone cercavano di slegare il fiocchetto. Comparve la scatolina che conteneva il prezioso manufatto con le sue iniziali incise: BN. Il coperchio si aprì e su del velluto rosso si intravide una pipa. Non appena lo sguardo di Babbo Natale entrò in contatto con quell’oggetto dalle forme molto familiari, si aprì una luce nei suoi occhi. Passarono veloci delle immagini, come se si stesse riavvolgendo il nastro: risate davanti al camino, dolci chiacchierate, attimi di piacevole lentezza a fine giornata, profumo di casa, visi colmi d’amore e pacche sulle spalle, oh oh oh sonori a riempire le stanze di abbracci e pensieri positivi. Sì, era tornato. Diede una sbirciata da sopra gli occhiali a tutti i suoi cari lì riuniti attorno a lui, felice di sentirsi di nuovo a casa e, toccandosi il bernoccolo in fronte, disse “grazie del regalo, ma il regalo più bello per me è donare. Forza, la notte è ancora lunga. Ci stanno aspettando!”
Buon Natale a tutti!