Il 23 Dicembre del 1936, su richiesta delle competenti Autorità, il Podestà di Varese trasmette all’Ingegnere Capo del Corpo Reale del Genio Civile l’elenco degli stabilimenti più importanti esistenti nel territorio del Comune. Trentasette nomi in tutto fra i quali il Calzaturificio di Varese, la Fabbrica di Cioccolato Suchard, la Fabbrica Aeronautica Macchi, la Società Anonima Birra Poretti. Uno dei trentasette è lo Stabilimento Carati: fabbrica di pipe.
Pipe in radica: una tradizione ben coltivata nel Varesotto fin dal 1886, anno di partenza con un piccolo laboratorio di quella che sarebbe poi diventata la grande fabbrica Rossi; alla quale altri, grandi e piccoli, si sarebbero via via affiancati. Uno di essi, e non certo il minore, fu Paolo Carati, attivo perlomeno dal 1925 nelle immediate vicinanze di Varese.
Ma i Francesi erano arrivati prima: un po’ dopo il 1850, secondo le cronache più affidabili, era iniziata nella cittadina di Saint-Claude la produzione massiccia di questi innovativi strumenti da fumo. Nel 1928 Saint-Claude ne deteneva ancora il primato: secondo un articolo del 16 Settembre apparso sul Corriere della Sera, fabbricava il 90 per cento dei pezzi venduti in tutto il mondo. Ma “negli ultimi tempi” i francesi lamentavano “una fortissima concorrenza fatta da fabbricanti di altri Paesi, i quali spacciano per pipe di radica imitazioni ben fatte, ma tali da non poter ingannare un vero conoscitore”. Per questo il signor Jules Mermet, sindaco di Saint-Claude, s’era imbarcato a Le Havre diretto a Nuova York per tenere negli Stati Uniti d’America, maggior mercato del settore, “un ciclo di conferenze sulle pipe di radica e il modo infallibile per riconoscerle”.
Tre giorni dopo, sullo stesso Corriere della Sera, arrivava la replica seccata di un industriale di Morosolo, Varese. Gli abitanti di Saint-Claude non potevano vantare alcuna esclusiva in quella produzione: “I ciocchi d’erica si scavano nei boschi e nelle brughiere d’Italia, e italiane sono le braccia che lavorano alla sega tali ciocchi e preparano anche per i fabbricanti francesi gli abbozzi per fare le pipe. Solo Italia e Francia esportano pipe di radica nell’America ed è fuori di luogo parlare di concorrenza da parte di sleali imitatori d’altri Paesi. Non le inesistenti contraffazioni, ma le proibitive barriere doganali americane ostacolano l’industria europea”. Uomo di carattere, questo industriale di Morosolo: era Paolo Carati.
Ma chi era Carati? Un bell’uomo, alto, con personalità. Gran signore e buon imprenditore, secondo quanto si racconta. Tanti fratelli e una famiglia agiata, proprietaria di cascine. Nato nel Maggio 1887 ad Abbiategrasso vicino a Milano, fatti buoni studi, a diciotto anni rispose al richiamo della grande città. Alla leva militare del 1907 ottenne un congedo illimitato in virtù della sua professione di rappresentante, che esercitava già da due anni, o invece per il fatto che proprio in quell’anno si era sposato; la prima figlia è del 1908. La guida Savallo di Milano e Provincia lo cita per la prima volta nell’edizione 1910, che per forza di cose “fotografa” l’anno precedente. Carati vi appare sotto due diverse categorie merceologiche: “Pipe, portasigari ed articoli relativi” e “Chincaglieri”. Logica e plausibile la prima, visti gli sviluppi; curiosa la seconda. Chincaglieria significava allora tante cose: argenteria, bigiotteria, oggetti d’arte, pettini, articoli regalo, borsellini e portafogli, bastoni ombrelli ventagli, articoli da viaggio… In un documento datato 6 Giugno 1911, Carati e un certo Balsimelli denunciano di aver costituito una Società di fatto “per esercire un ufficio di Rappresentanze di Case Commerciali nel ramo Chincaglierie, Vetrerie, Mobili ecc.”. Ma lo stesso giorno del 1911 Carati denuncia anche l’apertura, per suo conto e senza soci, in Milano, di un “esercizio in nome proprio sotto la ditta “Al Pascià” pel commercio d’articoli per fumatori”. Il perché delle due denunce presentate simultaneamente alla Camera di Commercio di Milano sta nel fatto che un Regio Decreto del 1911 aveva stabilito per la prima volta l’obbligatorietà di tali atti. La doppia specializzazione di Carati risulta ancora dalla Guida Savallo del 1911, ma dal 1912 in poi non c’è più traccia di chincaglierie. Meglio le pipe, in radica naturalmente: Paolo Carati aveva scelto la sua strada.
Questo si sa, ma qualcosa si può aggiungere per deduzione. In una denuncia di esercizio individuale del 1925 conservata alla Camera di Commercio di Milano e intestata alla ditta “Al Pascià” di Carati Paolo, oggetto d’esercizio “commercio all’ingrosso e al minuto di pipe ed Articoli per Fumatori”, si legge che la data d’inizio della ditta è il 1905. La stessa data appare in una carta intestata di Paolo Carati in uso nel 1936 e nell’Annuario industriale della Provincia di Varese del 1940. Nacque dunque nel 1905 il marchio “Al Pascià”? Non è certo; ma è plausibile che il diciottenne Carati, appena arrivato a Milano, avesse voluto iniziar bene l’attività adottando quel nome che, specie allora, era sinonimo di estremo lusso e agiatezza. Nome buono per tanti oggetti personali, non solo per le pipe le quali forse entrarono subito nel suo campo d’interesse, assieme alle chincaglierie. Anche quell’“esercizio” di cui si dichiara l’apertura nel 1911, il primo negozio “Al Pascià” che divenne anche laboratorio per la riparazione delle pipe, esisteva già probabilmente anni prima che scattasse l’obbligatorietà della denuncia.
La ditta andò avanti durante la guerra mentre il titolare prestava servizio nella Quarta Compagnia Automobilisti del 21° Artiglieria da Campagna; a guerra finita tornò alla famiglia e agli affari; ma quale genere di affari? Su una carta intestata del 1920 si legge: Ditta “Al Pascià” di Carati Paolo - FABBRICA DI PIPE - articoli per fumatori. Addirittura una fabbrica: bel salto, si direbbe, per il rappresentante di pochi anni prima; peccato però che non ne rimangano precise notizie. Fu una fabbrica vera o solo la trovata pubblicitaria di un abile rappresentante che commissionava ad altri le pipe col suo marchio? Di certo, come si è detto, il negozio era anche laboratorio di riparazione: dotato dunque di utensili e macchinari grazie ai quali una modesta produzione di pipe era possibile. Per creare una piccola “fabbrica”, secondo i parametri dell’epoca, sarebbe bastato aggiungere qualche altro utensile e macchinario impiegando pochissimo personale in più; nella stessa sede di Milano o altrove. Probabilmente andò proprio così.
Il Comune di Morosolo si spingeva fino al lago, incuneato fra Varese e Gavirate; la frazione Ronchetto era quella più vicina alla sponda. Proprio lì, a partire dal primo Luglio 1925, ebbe sede la Fabbrica Pipe in Radica della ditta Paolo Carati. Un edificio industriale non piccolo, non nuovo ma rilevato dall’imprenditore tessile Riccardo Bettini. La sede principale rimaneva a Milano. Su questo evento non ci sono dubbi: lo attesta un documento della Camera di Commercio di Varese.
Si trattava stavolta di una fabbrica nel senso proprio del termine che, nelle abili mani di Carati, prosperò. E nell’arco di quattro anni si trasferì a Varese. O meglio: l’edificio restò fermo ma furono i confini a muoversi: il Comune di Morosolo, nel 1929, venne smembrato e la sua parte lacustre (con fabbrica di pipe) passò al Comune capoluogo. Tornando alla prima “fabbrica” del 1920, un punto a favore della sua reale esistenza sta nella considerazione che passare da una piccola realtà produttiva a una grande sarebbe stato molto più facile e naturale che impiantare da zero una realtà industriale consistente. In quanto al luogo prescelto, i dintorni di Varese erano proprio quello giusto: la lavorazione delle pipe in radica vi era ben presente da quattro decenni. Trovarvi manodopera qualificata non sarebbe stato un problema.
Poco si sa delle vicende di Carati e della sua impresa fra gli anni Venti e i Trenta del Novecento. Era comunque una manifattura capace di grandi numeri, orientata in gran parte all’esportazione. In concorrenza coi Francesi, ovviamente, assieme alle altre produzioni di pipe presenti nei dintorni. Si parla di un centinaio di dipendenti. Secondo l’Annuario industriale della Provincia di Varese del 1940 la fabbrica aveva una forza motrice di 50 cv, disponeva di dopolavoro aziendale ed esportava “in tutto il mondo”. Tante pipe dunque, molte delle quali varcavano l’Oceano. Forme tradizionali affiancate a proposte di fantasia, qualità discreta ma non eccelsa, prezzi ragionevoli. Era quello il mercato anteguerra, al quale era giocoforza uniformarsi se si voleva che la macchina girasse a pieno ritmo.
Un nuovo passaggio importante avvenne nel 1936, quando la sede di Milano venne ceduta alla figlia Adriana. Carati, trasferito il domicilio a Varese, si concentrò su quello che era diventato l’unico oggetto del suo lavoro: la produzione. La quale continuò anche durante la guerra: ogni operaio disponeva, in caso di bisogno, di una maschera antigas. Nella seconda metà degli anni Trenta, al culmine della sua vicenda imprenditoriale, Paolo Carati fu insignito del titolo di Cavaliere.
Passata la guerra ripartì con lo stesso spirito entusiasta che l’aveva animato nel 1919. Con un cambiamento societario, prevedendo anni e anni di buoni fatturati, coinvolse nella ditta tutti i suoi eredi. Ma il secondo dopoguerra fu, per quanto riguarda le pipe, molto diverso dal primo. Con l’avvento massiccio delle sigarette, con la mutazione dei costumi, gli orizzonti delle pipe si erano ristretti. Specie per chi le produceva e commercializzava in grandi quantità. Nel 1956 Paolo Carati aveva 69 anni. Qualche tempo prima aveva già venduto parte dei macchinari, ma stavolta la decisione fu più drastica: la fabbrica di pipe arrivava al capolinea. Attrezzature, materiali e i pochi dipendenti rimasti passarono di mano. Anche l’edificio venne ceduto. Via dal lago, via da Varese, via dalle pipe, Carati scelse il mare e il sole di Ospedaletti sulla riviera ligure di Ponente.
Si ringraziano per la gentile collaborazione:
Archivio Storico Presidenza della Repubblica
Ufficio Onorificenze Presidenza del Consiglio
Federazione Nazionale Cavalieri del Lavoro
Archivi di Stato di Milano, Varese, Como.
Camere Commercio di Milano Varese e Pavia.
Unione Industriali Varese
Comuni di Gavirate Varese e Montalto Pavese
Archivio storico Comune Varese.
Stefano Santambrogio
Pietro Macchione
Gigi Crugnola
Romano Carati
Marisa Gasparini