All’inizio del Novecento, nell’Impero Ottomano, vivevano i Pascià. Era questo il massimo titolo onorifico ufficiale di Istanbul; se ne fregiavano, posponendolo al nome, le persone più altolocate dell’amministrazione e dell’esercito. Gente molto agiata, immersa in un lusso quasi scandaloso che in Occidente era diventato proverbiale. Vivere come un Pascià era il sogno, l’augurio scherzoso in voga anche nella Milano del 1905 nella quale un diciottenne di nome Paolo Carati approdò con l’idea precisa di farvi affari in veste di rappresentante.
Carati aveva una buona istruzione e idee piuttosto chiare. Non ci mise molto a capire che, per far conoscere la sua attività, aveva bisogno di una “ditta” (ovvero la denominazione della sua impresa) che non si limitasse al nome e cognome ma facesse volare la fantasia. All’inizio Carati rappresentava diverse Case Commerciali i cui prodotti andavano dalle chincaglierie alle vetrerie, ai mobili, agli articoli per fumatori. Come rendere desiderabili tutte queste merci? Ecco l’idea: un marchio spiritoso e ammiccante che alludesse proprio a quegli alti dignitari orientali immersi nel lusso. Nella lingua turca ottomana, allora in uso nelle classi alte di quell’impero, “Pascià” si diceva “al-Basha”. Dunque “Al Pascià”? Forse. O semplicemente l’idea era quella di un luogo dove andare, un luogo da Pascià, dove acquistare cose da Pascià.
Era il suo stesso marchio a imporre a Carati una sede centrale, possibilmente aristocratica: dopo i primissimi anni si insediò nella centralissima Via Torino, in quella parte vicina al Carrobbio occupata dal cinquecentesco palazzo Casati Stampa. Mentre il suo interesse si concentrava su pipe e articoli per fumatori, la sua base operativa ebbe indirizzi fra loro vicinissimi: Via Stampa 14, Via Torino 77 e infine (dal 1920) Via Torino 61. Una base per accogliere clientela all’ingrosso e al minuto, per riparare le pipe danneggiate e, molto probabilmente, anche per fabbricarne. Iniziava fin da allora l’uso di proporre, oltre a quelle di rinomate Case, pipe col marchio Al Pascià.
A metà anni Venti Paolo Carati decise di fare le cose in grande. Dalle piccole quantità passò alle grandi impiantando, nel 1925, una vera e propria fabbrica di pipe in radica sulle sponde del Lago di Varese: zona già specializzata in questo genere di lavorazioni. La base di Milano rimaneva la sua sede principale; ma nel 1936, per concentrarsi meglio sulla produzione, decise di passarla alla figlia maggiore lasciandole anche il marchio Al Pascià.
La famiglia di Adriana, questo il nome della figlia, mandò avanti il negozio fine alla fine degli anni Ottanta seguendo in tutti i modi la tradizione del fondatore: articoli di ogni genere a uso dei fumatori, ma soprattutto pipe; di premiate marche, prodotte da terzi per conto di Al Pascià, fabbricate direttamente da Al Pascià - alla fine degli anni Sessanta - in una sua manifattura situata a Finigeto, frazione del Comune di Montalto Pavese. Poi quel negozio e quel marchio, ormai ben noti ai fumatori milanesi e no, passarono a un’altra famiglia di estimatori della pipa che già aveva tradizioni imprenditoriali ma in altri settori: gli Sportelli. Da quel momento sono loro l’anima e il motore di Al Pascià.
Subentrare in un negozio ormai storico non era facile. Alla naturale esigenza di continuità si affiancava l’obbligo di una ripartenza. La prima cosa fu il restauro completo e accurato dei locali. Ridisegnato il logo, rinnovato il packaging, seguì una massiccia campagna pubblicitaria sui più importanti organi di stampa. Ma soprattutto andava ripensata, e adeguata ai tempi, la politica degli acquisti e delle vendite. Le esigenze, le richieste, la stessa mentalità della clientela stavano mutando. Fuori dal contesto italiano, ancora piuttosto tradizionale, fermenti nuovi si manifestavano: un modo diverso di concepire, realizzare, usare e vivere gli strumenti da fumo. Era il caso di indagare, di capire in quale direzione spirava il vento, di interpretare anzi anticipare i gusti dei vecchi e dei nuovi fumatori. Al Pascià 2.0 avrebbe dovuto individuare e proporre prodotti esclusivi non ancora presenti in Italia e nel contempo crearne altri ex novo da contrassegnare col proprio marchio.
Alla fine degli anni Ottanta Internet era solo agli inizi: per comunicare c’erano la posta, il telefono, il fax. Interpellando quello che era allora l’Istituto Nazionale per il Commercio Estero, le ambasciate, i consolati venne stilata una lunghissima lista di quelli che potevano essere gli interlocutori, ai quali vennero inviate altrettante lettere. Sulla base delle risposte si individuarono i soggetti più interessanti; ma lo scambio di corrispondenze non bastava a stabilire un legame. Fu nel 1990 che iniziarono i “briar tour”. I due più giovani della famiglia iniziarono a muoversi andando a scoprire negli angoli più reconditi d’Europa (Italia compresa) i più bravi fra i pipe-makers di nuova tendenza. Incontrarli nei loro laboratori, vederli lavorare, intavolare con loro rapporti di stima e amicizia era una piacevole esperienza. Dalla quale scaturiva un flusso incredibile di belle pipe dirette al negozio di Via Torino 61.
Il primo sito Al Pascià è del 1999: un salto quasi nel buio in un’epoca di tecnologia ancora incerta, usando prima lo scanner poi fotocamere da 1 megapixel per le foto dei prodotti, andando sui primi newsgroup di fumatori a farsi pubblicità. Ma già nel 2006 i supporters di Al Pascià potevano seguire on-line, giorno dopo giorno, le vicende dei briar tour. Nel 2012 nasceva Moments, lo spazio culturale ora inserito nel nuovo portale Al Pascià assieme ai tre siti di vendita: Al Pascià, Curvy, Leather. Uno sforzo non da poco insomma, che non si ferma qui perché chi non si aggiorna rallenta e perde il treno. Internet ha consentito e consente ad Al Pascià di raggiungere gli appassionati di tutto il mondo, i quali però non si accontentano del digitale: passando da Milano si precipitano a visitare il negozio vero, “analogico”, incastonato nei muri di Palazzo Casati Stampa.
Fin dai primi anni del nuovo corso Al Pascià ha corrisposto ai desideri dei suoi clienti producendo in proprio il meglio degli accessori per fumatori, andando a scoprire (come i pipe-makers) i migliori artigiani della pelle e del cuoio. Trovate le giuste professionalità, si è spinto oltre il fumo realizzando tutta una gamma di elegantissime pelletterie.
Fin dal cambio di gestione uno degli obiettivi di Al Pascià è stato seguire la tradizione della Casa riprendendo a ritmo accelerato la produzione propria di pipe, a partire dalla prima serie di 24 modelli classici di ispirazione inglese in sei diversi disegni uscita nel 1990 e riproposta con varianti lungo gli anni successivi. Di produzione Al Pascià sono ovviamente i pezzi unici disegnati espressamente per il singolo cliente: il massimo che un fumatore possa desiderare. Al Centenario del 2006 è stata dedicata una speciale pipa, così come nel 1986 era stata creata quella dell’Ottantesimo. Del 2015 è la prima esplosione delle Curvy, poi confermata di serie in serie e proiettata verso il futuro. Del 2018 è il lancio delle classiche “1906”. Un crescendo di creatività, insomma, che non ha alcuna intenzione di fermarsi: i clienti di tutto il mondo attendono le nuove sorprese di Al Pascià.