In alto i dati generali: Département des Pyrénées Orientales; Situation Industrielle; Commune de S. Paul; 3me trimestre 1856. Al centro una tabella che occupa gran parte del foglio. In basso il nome del comune (Saint Paul) la data (le 16 octobre 1856) e la firma del sindaco Henri Busquet.
Quelli sulla “situazione industriale” erano rapporti che ogni tre mesi andavano al Prefetto. Una routine insomma, ancora non troppo raffinata, concepita per rendere edotto il Governo su come, zona per zona, si evolveva la nascente industria francese, che a livello centrale si desiderava crescesse uniformemente e capillarmente in tutti i Départements.
Tracciate a mano sono le scritte e le righe della tabella, la quale ha sette colonne: 1) principali centri di fabbricazione 2) principali industrie 3) numero degli stabilimenti in attività 4) numero degli operai occupati 5) stato della fabbricazione e della vendita 6) cause degli aumenti e delle riduzioni 7) osservazioni.
A partire da quelli del 1856 gli Archivi Dipartimentali dei Pirenei Orientali (situati a Perpignan) conservano un buon numero di rapporti trimestrali dei comuni del dipartimento; quelli relativi a Saint-Paul de Fenouillet aiutano a rivivere quasi in presa diretta, se pure da una visuale abbastanza ridotta, i primissimi anni della radica per pipe e anche i successivi. Purtroppo non recano i nomi delle aziende ma solo numeri: di fabbriche e operai. Eppure anche i freddi numeri possono dire molto: assieme alle annotazioni danno buoni spunti per interpretare quanto accadeva. Arrivando a coinvolgere, a volte, anche dal punto di vista emotivo.
Il rapporto di Saint-Paul per il terzo trimestre 1856, il primo disponibile, si limita a elencare tutte assieme le tipologie di “industria” presenti, indicando il numero complessivo delle “fabbriche” (12) e degli operai (52). Balza subito allo sguardo che l’elenco comprende, fra l’altro, fabriques de pipes en suche de bruyère: fabbriche di pipe in ceppo d’erica (ossia radica). Inoltre si afferma (riferito a tutte le industrie) che: “Non vi è né aumento né diminuzione, la fabbricazione si mantiene nel suo stato normale”. Sembra di dedurne che le fabriques de pipes en suche de bruyère fossero già presenti perlomeno nel rapporto (perduto) del secondo trimestre; probabilmente anche nel precedente.
A partire dal trimestre successivo (quarto del 1856) i dati sono esposti in maniera più dettagliata, fabbrica per fabbrica. Può sorprendere che alcune di queste “fabbriche” avessero solo un paio di operai; ma era quello, allora, il concetto di industria. Oggi, guardando a ritroso, si parla più correttamente di proto-industria. Tornando alla tabella, vi sono presenti due fabbriche di pipe in radica su quattordici, che danno lavoro a 20 operai su 73. In generale: “le situazioni di fabbricazione e vendita sono giudicate soddisfacenti”. E poi: l’aumento della vendita proviene da spedizioni che si fanno all’estero. Deduzioni e osservazioni: nell’anno dei “primi” ébauchons secondo Salvat (la sua lettera a L’Echo de la Montagne precisa: il 14 marzo 1856) la produzione di pipe in radica è già attiva, se pure in misura limitata. La nota sulle spedizioni all’estero non è specificamente riferita a uno degli articoli prodotti, ma sembra logico che fosse più facile incrementare le vendite puntando su una assoluta novità (pipes en suche de bruyère) piuttosto che sui soliti prodotti della tornitura quali palle di legno o tabacchiere. Nell’edizione 1857 (relativa al 1856) dell’Annuaire du Commerce Didot-Bottin non c’è ancora accenno alle pipe di radica. Ci sarà per la prima volta (con riferimento a Saint-Paul) nell’edizione 1859 relativa al 1858.
Primo trimestre 1857: le fabbriche di pipe in radica rimangono due ma gli operai passano a 15 su un totale di 82. Produzione e vendita sono (in generale) abbastanza soddisfacenti. La fabbricazione si mantiene costante. Una nota, nelle osservazioni, è scritta di suo pugno dal sindaco. L’interlocutore cui si rivolge dovrebbe essere il sotto-prefetto:
L’industria delle pipe è causa della devastazione delle eriche comunali. Il 15 maggio 1856 ho emesso un’ordinanza per mettere fine a tale devastazione, ma questa ordinanza, che voi avete apprezzato, non viene messa in esecuzione.
Di che si sta parlando? La domanda sorge spontanea, e non rimane senza risposta: una specie di quaderno, custodito agli Archives Départementales, contiene in bella calligrafia l’elenco degli arrêtés du Maire: le ordinanze del sindaco. Quella del 15 maggio 1856 consta di un preambolo e di cinque articoli. Dopo la rituale citazione di alcune leggi sta scritto:
Considerando che da molto tempo i terreni liberi di Saint-Paul sono oggetto di numerose devastazioni/ Considerando che è dovere dell’autorità municipale reprimere questi delitti attraverso l’azione di una polizia vigilante
Arrêté
Articolo 1: È fatto divieto di estirpare i ceppi e le radici di alberi e arbusti nei terreni liberi di Saint-Paul.
Gli altri 4 articoli contengono le norme per il controllo e i provvedimenti contro i trasgressori, ossia chi estirpa, detiene, acquista quei ceppi e quelle radici.
La prima cosa da notare è quel “da molto tempo” presente nel preambolo: un “molto tempo” non breve, dell’ordine probabilmente di alcuni anni. Perlomeno due: da quando cioè i primi imperfetti ébauchons furono messi in produzione, e dunque c’era già bisogno di molti ciocchi.
Seconda cosa: l’Articolo 1 non cita esplicitamente i ciocchi d’erica, ma tutti “i ceppi e le radici di alberi e arbusti”. Perché? Forse fu concepito in quella forma generica per evitare che il trasgressore colto sul fatto dichiarasse a sua discolpa: “io non sapevo che questa è erica” Oppure: era proprio vero che quei primi cercatori estirpavano qualsiasi cosa, privi com’erano di quella che sarebbe poi diventata la specifica cultura del cioccaiolo.
Più tardi, al prelevamento del ciocco dai terreni pubblici e privati sarebbero state dedicate norme stringenti anche a livello statale, a difesa tra l’altro dell’equilibro idro-geologico dei terreni. Quell’arrêté del 1856, così severo e disapplicato, le precorreva.
Nel secondo trimestre 1857, le due fabbriche di pipe in radica passano da 15 a 26 operai su un totale di 89. Vi è un aumento [nella fabbricazione e vendita], grazie alle numerose spedizioni di pipe in radica. Domanda: anche all’estero? Sembrerebbe plausibile.
Nel terzo trimestre 1857, due fabbriche di pipe in radica con 26 operai su 86, alle quali si aggiungono due fabbriche di ébauchons con 7 operai. Ecco che, oltre alle pipe finite, emerge la produzione di semilavorati da vendere in quanto tali: a quelle due fabbriche di pipe segnalate nel rapporto o ad altre? A Saint-Paul o fuori? La situazione generale è soddisfacente, senza aumenti né riduzioni.
Nel quarto trimestre 1857, tre fabbriche di pipe in radica con 22 operai su 74, solo una fabbrica di ébauchons con 7 operai. Vendita sempre soddisfacente, produzione costante ma: “c’è diminuzione dei prezzi per tutti gli articoli fabbricati. La causa di ciò viene dalle nuove officine create nel dipartimento”.
Nel primo trimestre 1858 la situazione ha un cambiamento drastico: è rimasta una sola “fabbrica” di pipe che si limita alla finitura e conta solo due operai, ma le fabbriche di ébauchons sono diventate 4 e danno lavoro a 50 operai! Che cosa era accaduto? Le pipe avevano perso importanza a Saint-Paul perché la manifattura di Saint-Claude fa prezzi più bassi, esiste un maggior numero di operai a Saint-Claude! La produzione degli ébauchons viveva invece il suo momento di trionfo: non esiste altrove materia prima così abbondante. C’è prosperità a causa dello scarso valore della materia prima, la quale manca negli altri dipartimenti.
Segnalando il deciso passaggio dalle pipe agli ébauchons, analizzando acutamente la situazione di contorno, questo rapporto pur limitato alla misura di un trimestre sembra assumere (a leggerlo dopo tanti anni) un ruolo quasi profetico. Prefigurando: da un lato la divisione dei ruoli fra chi avrebbe fabbricato gli ébaucons per le pipe e chi avrebbe prodotto le pipe con gli ébauchons, dall’altro il destino di Saint-Claude che, grazie ai suoi valentissimi artigiani e a una indovinata organizzazione del lavoro, si avviava a diventare la capitale indiscussa delle pipe in radica soffiandone la produzione a quei pionieri che avevano preparato il terreno. Saint-Paul dava così la priorità al fantastico prodotto ricavato dalle sue macchie: l’ébauchon. Una scelta ragionevole. Ma quella splendida situazione di quasi monopolio, di abbondanza e bassi costi del materiale di base, quanto sarebbe durata?
Scorrendo velocemente i successivi rapporti notiamo che, mentre la finitura delle pipe fluttua abbastanza regolarmente attorno ai 12 operai, la fabbricazione degli abbozzi non toccherà mai più il livello di 50, calando decisamente: 32 nei tre successivi trimestri del 1858, poi 24, 20,20, 20 nel 1859; 20, 8, 9, 9 nel 1860. Risulta, dalle annotazioni vergate sui rapporti, che latitavano gli acquisti; si produceva troppo, dunque i prezzi scendevano fino a livelli infimi, fino a un quasi-blocco della produzione. Nel primo trimestre 1861 una punta di 25 operai, poi di nuovo giù fino a una ripresa nel quarto semestre 1862, un altro calo, 19 operai nel secondo semestre 1864… Un succedersi di alti a bassi insomma, con tendenza a calare. Nei rapporti si legge spesso: diminuzione dei prezzi per i troppi oggetti prodotti. Nel terzo trimestre 1864: prezzi in calo a causa del gran numero di fabbriche che si stabiliscono ogni giorno...Una situazione a luci e ombre destinata a peggiorare con la guerra franco-prussiana del 1870-71.
Le belle sensazioni del 1858 erano durate poco: chi si ostinava a produrre abbozzi a Saint-Paul faticava poi a venderli. Per le pipe in radica, è vero, saliva gradualmente la richiesta, ma non abbastanza; in compenso sempre più segherie di abbozzi offrivano il prodotto; per le pipe la concorrenza non era da meno. I ciocchi da eradicare non erano infiniti ed era già più difficile trovarne di abbastanza grandi in zona. Le fluttuazioni nella domanda di abbozzi erano ovviamente legate a quelle nelle vendite di pipe. Queste a loro volta dipendevano dagli sbalzi di appetibilità di un prodotto non ancora affermato, dai cicli economici e dagli accadimenti politico-militari nella Francia del secondo impero e poi della repubblica. A tutto ciò era legato quel mondo ancora piccolo legato ai ciocchi, agli abbozzi, alle pipe di radica che, nella Francia fuori Saint-Paul, stava tumultuosamente e faticosamente cercando una sua strada.
Nella Guide historique et pittoresque des Pyrenées Orientales pubblicata nel 1899, Pierre Vidal scrive: A 3 chilometri (da Perpignan) raggiungiamo il primo mulino di Orle chiamato “Moli de las pipas”, nome che gli deriva da una segheria di radica per pipe installata verso il 1855 e poi dismessa. Un concorrente vicino a Saint-Paul: forse quello cui si accenna nel rapporto del quarto trimestre 1857. O forse un altro ancora?
- L’Annuaire du commerce Didot-Bottin edizione 1859 segnala a Parigi: Calmettes (Philippe), rappresentante di Gabarron Fréres et cie, fabbrica di ébauchons di radica ad Alet, Aude. Indicativo il fatto che nella sezione dello stesso annuario dedicata al dipartimento dell’Aude, in corrispondenza del paese di Alet (alta valle dell’Aude) non compaia nulla che confermi il dato. Solo nell’edizione successiva del Didot-Bottin si leggerà, per il comune di Alet: ébauchons di radica, Gabarrou Fréres rappresentati a Parigi da Philippe Calmettes. In ogni modo, l’annuncio del 1859 indica che perlomeno dal 1858 la fabbrica di Alet era già in funzione.
- Il Rapporto sul premio d’Onore dei Pirenei Orientali contenuto nel Bulletin della Societé Agricole Scientifique et Litteraire des Pyrenees Orientales edizione 1860 annuncia che fu assegnata una menzione onorevole a Monsieur Vilar, di Céret, per Pipes en racine de bruyère. Cèret è nei Pirenei Orientali.
- Passando alla Catalogna spagnola (i Pirenei Orientali sono la Catalogna francese), una tabella presente in una pubblicazione del 1865 (Datos estadisticos Provincia de Gerona) comprende una fabricacion de pipas en bruto (ebauchons) para fumar, de raiz de brezo o brunch en catalan (fabbrica di pipe grezze, ébauchons) azionata da energia idraulica con i seguenti dati: 5HP, 259.200 pezzi annui, situata inizialmente a Bescanò, adesso ad Arbucias. Visto che la fabbrica era già alla seconda collocazione (probabilmente il vecchio giacimento di ciocchi si era esaurito) si può pensare che la sua primitiva attivazione potesse risalire a circa il 1860. Fa impressione e fa pensare a un primo tumultuoso sviluppo la cifra di 259.200 pezzi annui, specie se paragonata ai 1440 ordinati da Monsieur Gay nel 1858.
Queste le tracce di quattro o cinque manifatture non troppo lontane da Saint-Paul che, senza dubbio, producevano abbozzi per pipe; ma sicuramente non erano le sole. Di alcune si è quasi completamente perduta la memoria, le altre si suppone di averle individuate ma, negli Annuaires, appaiono “sotto falso nome”. Sì perché, quando una fabbrica aveva più di una lavorazione, spesso il titolare segnalava alla redazione degli Annuaires solo quella che riteneva più importante; in questo modo, il più delle volte, gli ébauchons per pipe restavano nell’ombra.
Ecco dunque a Lagrasse (Aude) la scierie de buis pour les fabriques de St. Claude (segheria di bosso per le fabbriche di Saint-Claude) di François Castans, attiva fin dal 1843 e non più presente negli Annuaires a partire dall’edizione 1862. Quei pezzi di legno segati erano a tutti gli effetti ébauchons. Di bosso, è vero, ma quei macchinari (aggiungendo una caldaia per la bollitura) non potevano funzionare anche per la radica?
O la fabbrica di tabacchiere e pipe in radica di Laffont jeune, aperta a Lanet (Aude) nel 1858, o forse prima: visto che ci troviamo nel massiccio delle Corbières, è plausibile che la lavorazione comprendesse anche gli ébauchons e che in parte fossero venduti in quanto tali. Altra ipotesi è che li acquistassero da una fabbrica di tabacchiere sita nella vicina Peyrolles.
O ancora: dal 1861 la fabbrica di pipe di Ambroise Salvat all’Île de Levant, (più lontano, nel distretto del Var) che produceva in proprio gli ébauchons.
Un caso particolare è poi quello della società Letiévent, Thomas, Port, maison à Paris rue St-Martin 213 che appare nell’Annuaire Parisien del 1853 sotto la voce tabletiers. Questi erano i più raffinati fra i fabbricanti di piccoli oggetti: oltre al legno sapevano lavorare materiali più pregiati quali il corno e l’avorio. La società, secondo l’annuario, aveva fra l’altro una fabbrica a Belvianes, alta valle dell’Aude. Fin dal 1849, questa era condotta da un esperto fabbricante che in precedenza (1842 - 1847) aveva prodotto tabacchiere a Soulatgé, dipartimento dell’Aude ma è segnalato anche a Saint-Paul de Fenouillet attorno al 1844: Jean Marcel Raffanel. La sede della fabbrica e anche l’abitazione del titolare erano nel complesso del Laminoir, un laminatoio che lavorava il ferro per conto di un importante punto vendita situato a Gincla, nella stessa regione. Raffanel aveva ottenuto per le sue lavorazioni una parte degli spazi e una quota dell’energia idraulica disponibile; con la collaborazione del fratello minore Jean e di altri fabbricava tabacchiere e piccoli oggetti; in alcuni atti di stato civile di Belvianes, datati 1852, viene definito tabletier; Raffanel era in qualche modo associato alla società madre Letiévent la quale, tramite la sede a Parigi, aveva grandi possibilità di vendita. Il suo cognome non apparve mai sull’annuario Didot-Bottin che, nello spazio dedicato a Belvianes, segnalò la fabbrica per la prima volta (assieme al laminatoio) nell’edizione 1857: tabletterie (fabbrica) di Letiévent, Thomas, Port et Cie. Siamo nel 1856. Nell’edizione 1858 (anno 1857) non vi è più traccia del laminatoio ma rimane la fabbrica della società Letiévent: tutto il complesso del Laminoir e tutta la sua energia idraulica erano così impiegati nelle lavorazioni di tabletterie, ma Jean Marcel Raffanel non era già più a Belvianes: si suppone che, dopo aver fatto crescere l’azienda, perfezionando la qualità dei collaboratori e della produzione, avesse ceduto tutto a Letiévent e soci. L’anno successivo (1858) anche Letiévent usciva di scena e la ragione sociale diventava Port et Carraz.
Anni, questi, in cui alla tabletterie era stata data la giusta evidenza, negli Annuaires. Nemmeno un accenno, invece, agli abbozzi di radica o alle pipe; ma è plausibile supporre che, a partire da circa il 1856, tali produzioni “secondarie” potessero rientrare nell’attività di quell’azienda.
Fratello maggiore di Jean Marcel Raffanel è Jean François. Nato nel 1802 a Carcassonne, dal 1825 è a Saint-Claude e fa (assieme a Jean Marcel) il tagliatore di abbozzi con seghe meccaniche. Continua così fino al 1832 ma nello stesso periodo (1827- 28) prova anche a fare il mercante. Dal 1832 al 1833 gestisce una caffetteria sempre a Saint-Claude; dal 1835 al 1836 fabbrica tabacchiere presso il Moulin de Lafenal a Ginestas (Aude); nel 1843 è mercante a Soulatgé; attorno al 1844, insieme a Jean Marcel, trascorre un periodo a Saint-Paul de Fenouillet producendo tabacchiere… Passa poi a Peyrolles (regione montagnosa delle Corbieres vicino ai Pirenei, dipartimento dell’Aude) dove (dal 1851) fabbrica tabacchiere al Moulin de la Parade. Nel 1856 arriva a Peyrolles suo fratello Jean Marcel. Jean François resta lì fino alla fine del 1857, il tempo di avere un nuovo figlio, e poi va via con la famiglia.
Al Moulin è rimasto Jean Marcel: probabile che, se ha ceduto l’attività a Belvianes, col ricavato abbia poi rilevato dal fratello quella di Peyrolles; ma a Peyrolles non si fermerà a lungo: nel 1861 è già altrove… e continuerà ancora le sue peregrinazioni.
Lasciata Peyrolles, Jean François dovette pensare di riprendere più in grande la già collaudata professione di mercante… Ma a questo punto si entra nel racconto, nella leggenda:
Erano in primi giorni d’Ottobre del 1858. Un viaggiatore dalle maniere un po’ esuberanti e dallo spiccato accento del Sud si presentò un mattino ai magazzini Gay Aîné…
Chi era il viaggiatore con l’accento del sud del quale narra Jules Ligier nella prima parte di questa storia? Il Raffanel del racconto, quello che porta rozze pipe di radica a Saint-Claude è, molto probabilmente, proprio Jean François. Di quel suo periodo fra il 1857 e il 1863 non si sa nulla se non la “leggenda”. Lo ritroviamo dal 1863 a Saint-Claude in veste di mercante e (1869 - 70) fabbricante di pipe. Morirà, sempre a Saint-Claude, nel 1874; alla allora venerabile età di 72 anni.
Gran parte di queste notizie proviene dall’articolo già citato Autour de l’industrie de la pipe et de la
tabatiere… di Gauthier Langlois (2019) e da un altro più recente (2022) dello stesso Langlois: “Les Raffanel, une famille de tourneurs entre Pyrénées, Jura et Provence: leur contribution à la diffusion de la pipe de bruyère au XIXe siècle” anch’esso pubblicato sul Bulletin de la Societé d’Ètudes Scientifiques de l’Aude.
Le complicate vicende dei due fratelli Raffanel confermano lo spirito nomade dei tornitori dell’epoca. Significativa è la loro permanenza a Saint-Paul de Fenouillet attorno al 1844, proprio agli albori dell’era della radica; probabile che abbiano avuto rapporti con i Bougnol, i Vassas, i Salvat e gli altri tornitori del posto, mantenendoli anche dopo aver lasciato Saint-Paul… Non sembra azzardato annoverarli fra i pionieri delle pipe di radica.
Che mai saranno state quelle pipe in bruyère du Brésil? Dovettero chiederselo i lettori dell’Annuaire Didot-Bottin del 1857, che fotografava la situazione del 1856: l’anno degli ébauchons di Ambroise Salvat. La singolare offerta proveniva dalla società Lepape di Parigi, che si dichiarava specialista in tale prodotto. Ovviamente il riferimento al Brasile era fasullo: di normale radica pirenaica si trattava; ma, per convincere all’acquisto di un prodotto nuovo e sconosciuto, perché non condirlo con una sfumatura di esotico?
Meno fantasioso e più pratico era stato già l’anno prima (1855) Étienne Meyre di Le Temple (dipartimento della Gironde) nella breve descrizione, allegata alla richiesta di brevetto, del suo portasigari in radica (racine de bruyère). Illustrate le caratteristiche dell’arnese (un bocchino di grandi dimensioni) concludeva:
Questo articolo, fabbricato con un materiale abbondante e di scarso valore, presenta un vantaggio reale sia per la solidità che per la durata.
Scorrendo gli Annuaires Didot-Bottin dei diversi anni (e facendo sempre riferimento all’anno precedente quello di edizione) risulta che: nel 1857 la casa Hochapfel frères vende pipe in radica a Strasbourg e Parigi/ Nel 1858 L.Prax, a Parigi, vende abbozzi; ci sono due fabbriche di pipe in radica a Parigi, quattro a Saint-Paul, una a Lanet./ Nel 1860 le fabbriche di pipe in Francia sono diventate dieci, di cui due esplicitamente dichiarate a Saint-Claude/ Nel 1861 Alfred Sautel vende abbozzi di radica a Parigi.
Nel 1862, all’Esposizione di Londra, appaiono pipe in radica di produzione francese…
Fu un inizio in sordina, con una breve esplosione legata soprattutto alla novità e poi un periodo di crescita indeterminata e incerta: non solo, come già si è constatato, per i produttori di abbozzi a Saint-Paul, ma per tutto il settore. Il giro d’affari aumentava, è vero, ma non vertiginosamente; e poiché il nuovo articolo stentava ad affermarsi, quel complesso meccanismo ancora in fieri di interconnessione fra produttori di abbozzi, produttori di pipe, commercianti degli uni e delle altre, perdeva spesso qualche colpo. Il problema stava proprio nelle nuove pipe, nella loro natura, nella loro immagine.
-Frederick William Fairholt, nel suo Tobacco: Its History and Associations pubblicato nel 1859 afferma:
le pipe di legno sono state introdotte in Inghilterra, e quelle fatte di radica sono ora comuni nei nostri negozi, ma costose.
-Nel rapporto dei membri della sezione francese della giuria internazionale all’Esposizione di Londra 1862 si legge:
È a Parigi, Saint-Claude e Strasbourg che in Francia vengono prodotte le migliori pipe in radica. Questo legno è scolpito in modo da ottenere soggetti vari e di grande bellezza. Il fornello è talvolta rivestito di schiuma di mare nelle pipe di lusso; ma nelle pipe ordinarie, il legno di radica resiste a lungo al fuoco del tabacco. Le belle pipe hanno anche bocchini di ambra. C'è una grande esportazione di queste pipe in l'Inghilterra.
-Andrew Steinmetz (“a Veteran of Smokedom”), nel suo The Smoker's Guide, Philosopher and Friend, 1865, dichiara:
delle pipe in legno c’è poco da dire. Furono molto in voga qualche anno fa, ma il loro fascino è decisamente diminuito. Se è vero che non scaldano rapidamente, la loro capacità di assorbimento è deficitaria, e appaiono sempre sporche.
-E.Cardon, nel suo Le Musée du fumeur del 1866 racconta:
(La pipa in radica) da una decina anni è oggetto di una grandissima voga, a discapito di tutti i vecchi generi, che a poco a poco fa dimenticare. Tagliata grossolanamente dai contadini del dipartimento delle Landes, apparve per la prima volta sotto forma di semplice fornello munito di una canna in funzione di stelo, che poco dopo fu sostituita da un piccolo osso d'oca, e questo articolo bastò per qualche anno; ma da quando Parigi e Saint-Claude hanno adottato questa manifattura e poiché i Pirenei Orientali, dove queste radici si trovano in abbondanza, hanno potuto fornir loro abbozzi di natura migliore e di volume maggiore, tutte le forme sono state date alla pipa. Sono state fatte anche pipe molto ornate, e per un certo tempo un buon numero di artisti fu impiegato nell'intaglio di queste pipe, che il loro lavoro così portava a un prezzo alto, troppo alto per pipe di legno. I fumatori hanno finito per preferire la pipa in schiuma di mare, che è più elegante e migliore, tanto che il consumo di radica è oggi quasi confinato alla pipa semplice, già anche un po' abbandonata da quando sono comparsi, a prezzi ridotti, alcuni tipi di pipe di vera schiuma di mare.
-Pierre Larousse, nel suo Grand Dictionnaire del 1874 spiega:
La pipa di legno di radica è quella dei viaggiatori, dei cacciatori e in generale delle persone obbligate dal loro stato, dalle circostanze, a spostarsi frequentemente ed essere soggette a urti o scosse.
Dalle osservazioni di Fairholt, Steinmetz e Cardon si deduce che si faceva una certa confusione fra le pipe in generico legno (giustamente meno apprezzate) e quelle in radica: confusione che si protrasse a lungo e non giovò alla radice d’erica. I prezzi alti denunciati da Fairholt non sorprendono: ogniqualvolta esce una novità, chi vuol essere fra i primi a utilizzarla (e ad esibirla) deve scontare imperfezioni malfunzionamenti e notevoli esborsi. I difetti denunciati da Steinmetz si possono interpretare in due modi: o queste pipe apparivano “sempre sporche” perché i fumatori non erano ancora abituati a tenerle pulite, o invece si trattava di una semplice percezione negativa indotta dal colore del legno.
Quanto si racconta nel Musée du fumeur corrisponde a sostanziali verità; va però considerato che l’autore era un noto fabbricante di pipe in schiuma e ciò influiva sulle sue opinioni.
Cardon afferma che le pipe grossolanamente tagliate (come quelle dei contadini delle Landes) bastarono per qualche anno: forse dal 1853-54 al 1856-57? E in effetti, come assicura Ambroise Salvat, fu a partire dal 1856 che i Pirenei Orientali furono in grado di fornire abbozzi di natura migliore. Nemmeno le pipe del 1858 di cui parla Jules Ligier sembrano ancora molto rifinite: l’evoluzione fu, per forza di cose, faticosa e graduale. Oltre che di natura migliore, gli abbozzi forniti dai Pirenei Orientali divennero a un certo punto di volume maggiore: ed ecco il nascere di una gamma diversificata di abbozzi, di diverse forme e misure a seconda delle richieste, che man mano si sarebbe organizzata secondo criteri sempre più precisi e standardizzati.
Alle pipe “molto ornate” accenna anche la Monographie par l’École del Filles (citata nella seconda parte), raccontando che Pierre Bougnol (cadet) aveva fatto venire dall’Italia alcuni scultori di pipe; anche il rapporto sull’esposizione di Londra conferma questa tendenza. Ma la “radica ornata” non era una buona idea. Mettersi a scolpirla come si faceva con la schiuma era la mossa perdente: non tanto per i costi (più tardi si sarebbero inventate macchine capaci di risolvere industrialmente il problema sfruttando il principio del pantografo) quanto per il fatto che il nuovo materiale aveva una sua specifica natura, una sua precisa personalità che andavano messe in luce se davvero si voleva lanciare il prodotto.
Cardon afferma con sollievo che il consumo di radica è oggi quasi confinato alla pipa semplice ma non capisce che è proprio quella la strada giusta; e intanto è la schiuma a imitare la radica per contrastarne la concorrenza, nel momento in cui compaiono, a prezzi ridotti, alcuni tipi di pipe (non decorate) di vera schiuma di mare.
Secondo Larousse (siamo già nel 1874) la pipa in legno di radica è adatta a gente che, muovendosi molto, corre il pericolo di rompere un sontuoso arnese di schiuma; o uno più andante di argilla. In un altro brano dello stesso testo si spiegano correttamente le virtù fumatorie della radica, ma la frase sopra citata è quella più importante: mette in evidenza un serio problema per il nuovo materiale alla ricerca del successo. Rischiava di crearsi (e in effetti per qualche tempo si creò) una dicotomia fra la pipa “del viaggiatore”, “del lavoratore”, robusta e senza abbellimenti, e quella più elegante e artisticamente decorata cui le persone di classe non volevano rinunciare. Eppure la pipa di radica aveva in sé tutti i numeri per diventare qualcosa di più, per esser desiderata e sfoggiata anche da chi frequentava il bel mondo. Ma perché ciò avvenisse era necessaria una rivoluzione nella mentalità dei fumatori, l’imporsi di un nuovo tipo di estetica legato a linee armoniose ma rigorose e coerenti con le esigenze di funzionalità. Una rivoluzione pacifica insomma, che presto (ma con lentezza) sarebbe scoppiata. Dove? In Inghilterra.
Si ringraziano:
Gauthier Langlois (Société d’Ètudes Scientifiques de l’Aude),
Guy Normand (La Revue Du Fenouilledes, Saint Paul de Fenouillet),
Ben Rapaport,
Archives Départementales des Pyrénées Orientales