Può un oggetto nuovo, ancora non ben definito né ben conosciuto ma innovativo, essere adatto all’esportazione? In alcuni rapporti (fra il 1856 e il 1857) sulla Situation Industrielle di Saint-Paul appaiono indizi su “spedizioni all’estero” che riguardano molto probabilmente le pipe in radica. Più esplicito è il racconto di Jules Ligier apparso nella prima parte di questa storia nel quale si afferma che le prime pipe prodotte (1858) a Saint-Claude da François Gay partirono (anche) per il Belgio. Nel rapporto sull’esposizione di Londra del 1862 apparso nella terza parte si legge che in quell’anno a Parigi, Saint-Claude e Strasbourg si producevano buone pipe in radica e che c’era una grande esportazione di queste pipe in l'Inghilterra: “grande” in senso relativo, si immagina. “Grande” col metro di giudizio del 1862.
Ma non ci sono solo le fonti francesi: eccone alcune provenienti dalla Gran Bretagna, il più importante punto d’arrivo delle nuove pipe.
-Nell’articolo Wooden pipes di A.J.M. apparso sul periodico Notes and Queries del 25 aprile 1885 si legge:
Un anno o due dopo il 1853 le cosiddette pipe in radica, scoperte indipendentemente, iniziarono ad apparire in Inghilterra. Trent'anni hanno permesso a queste intruse di distruggere le argille corte, rovinare le meershaum e persino fare molti danni alle venerabili churchwarden.
- Frederick William Fairholt, in Tobacco: Its History and Associations, (vedi terza parte) si legge che le pipe fatte di radica sono ora comuni nei nostri negozi ma sono costose. Siamo nel 1859.
-In Mems. for Tobacconists, di anonimo, edito da Cigar and Tobacco World, 1909 si spiega:
fino al 1860 le pipe in radica erano sconosciute in Inghilterra. Il primo lotto arrivò da Vienna qualche anno dopo e fece scalpore, perché all'epoca i fumatori erano praticamente limitati [nella scelta] a schiuma di mare e argilla.
-Un annuncio apparso su The freeman’s journal di Dublino del 29 febbraio 1860 afferma:
Le pipe in radica, così apprezzate dai fumatori, possono essere acquistate all'ingrosso, in grande varietà da Edward Keevil's, 27, Merchant's Quay, Dublino.
-In un altro annuncio sul Bromley Record, stampato a Bromley (oggi quartiere della grande Londra) il primo luglio 1860, la casa Tobacco & Cigar Divan offre briar root pipes, pipe di radica.
Sorprende che, (come afferma A.J.M.) le prime pipe in radica siano apparse in Inghilterra più o meno nel 1855, ma non lo si può del tutto escludere: quell’annotazione nel rapporto sulla Situation Industrielle a Saint-Paul, quarto trimestre 1856 (l’aumento della vendita proviene da spedizioni che si fanno all’estero) potrebbe essere un indizio in tal senso.
L’anonimo autore di Mems. sposta la data a qualche anno dopo il 1860, e ciò non sorprende. Più azzardata appare l’affermazione che il primo lotto fosse arrivato addirittura da Vienna; eppure Ben Rapaport (nel suo libro An intimate history of the tobacco industry 1850-1920, del 2021) afferma che nel Catalogo ufficiale dell’Esposizione di Londra del 1862, dipartimento industriale, divisione estera, si segnalava un certo “Lewis Hartman” (identificato in realtà come Ludwig Hartmann) di Vienna, che detiene ricchi negozi di pipe e pipe da sigari in schiuma, ambra e radica.
La valutazione di Fairholt (le pipe fatte di radica sono ora comuni nei nostri negozi) è forse esagerata, ma la presenza nel 1859 di pipe in radica almeno in alcuni negozi inglesi non sembra contestabile, giacché a riferirne è qualcuno che in quell’epoca viveva.
Sono comunque le inserzioni sui due giornali del 1860 (ce ne sono ovviamente anche di successive) a costituire l’indizio più forte: che senso ha pubblicare un annuncio a pagamento se non hai a disposizione le merci che stai offrendo?
Dunque perlomeno attorno al 1860 (un po’ prima, un po’ dopo) le pipe in radica erano già in Gran Bretagna. Provenienti dalla Francia; o forse anche da un austriaco che, acquistatele dai francesi, le aveva vendute agli inglesi. Quante fossero non è dato sapere, certamente erano un articolo quasi sconosciuto: novità capaci di attirare l’attenzione, soprattutto se chi le proponeva sapeva decantarne le qualità, ma pure qualcosa di non sperimentato di cui diffidare. Fu così, cominciando da modesti quantitativi, che le “radiche” iniziarono a cercare e trovare uno spazio nell’interessante mercato dei fumatori britannici. Fu una diffusione inizialmente molto graduale, poi via via più accelerata. La descrive bene, per sommi capi, l’anonimo autore del libro Mems. for Tobacconists-edito da Cigar and Tobacco World, 1909:
Attirando molta attenzione come una novità e considerate in qualche modo come curiosità, le radiche non guadagnarono subito il favore del pubblico. … [Ma] il fumatore della classe alta scoprì molto presto che la pipa di legno era [in realtà] meno costosa [dell'argilla] perché non si rompeva così facilmente e [scoprì anche] che per la maggior parte (non tutte) davano un fumo davvero molto dolce; inoltre, in caso smarrimento, non erano coinvolti molti soldi [rispetto alle schiume]. Venendo offerte più forme sul mercato e riducendosi in qualche misura i prezzi [e vedendole usare dai fumatori altolocati] il fumatore della classe media prese interesse per le pipe in radica considerandole più rispettabili nell’aspetto e non fragili come quelle d’argilla. La crescente domanda creò, come sempre, maggiori forniture, principalmente dalla Francia [e le nuove tecnologie adottate contribuirono a ridurre i costi] finché alla fine i prezzi giunsero alla portata dell’uomo comune.
Man mano che si diffondevano, le radiche si differenziavano per qualità rendendosi così accessibili a tutte le borse. Quelle più semplici e convenienti non ebbero troppe difficoltà a soppiantare le pipe corte in gesso alle quali erano decisamente superiori: la radica è sempre la radica. Qualcosa di simile avvenne per i modelli di media finitura, che superavano agevolmente le argille in robustezza e fumabilità conferendo anche un certo tono a chi le sfoggiava. Più difficile invece il confronto fra le radiche di lusso destinate alla gente facoltosa e le sontuose meerschaum. E qui torna il discorso sulla vera natura e personalità della radica.
Come fosse, come venisse concepita a Parigi la pipa di lusso in radica è ben descritto nel rapporto dei membri della sezione francese della giuria internazionale all’Esposizione di Londra 1862, già visto nella terza parte:
Questo legno è scolpito in modo da ottenere soggetti vari e di grande bellezza. Il fornello è talvolta rivestito di schiuma di mare nelle pipe di lusso; ma nelle pipe ordinarie, il legno di radica resiste a lungo al fuoco del tabacco. Le belle pipe hanno anche bocchini di ambra…
…e questo è solo un timido accenno alle elaborate raffinatezze, agli interventi artistici, ai preziosi materiali aggiunti allora alle radiche. Siamo in pieno Ottocento, del resto, e il decorativismo trionfa. L’aspetto più paradossale di queste pipe di lusso è che, foderando di schiuma l’interno del fornello, sostanzialmente si negava la dote più innovativa di quel legno: la resistenza al calore. In generale, in un atto di soggezione alla “dea bianca”, si tentava di rincorrerne l’estetica altisonante senza nemmeno sforzarsi di cercare soluzioni originali più adatte alla radica.
Spesso i raffinati fabbricanti di Parigi non partivano dagli ébauchons: compravano a Saint-Claude pipe che consideravano non del tutto terminate e davano poi gli ultimi tocchi, come spiega Vernier nell’articolo La fabrication de la pipe pubblicato dal giornale Le Pantheon de l’industrie nel 1883:
Le pipe di Saint-Claude sono ben rifinite, o quasi, quando arrivano a Parigi, ma la maggior parte in genere ha bisogno di essere ritoccata sia dal punto di vista della montatura, che deve essere consolidata, sia dal punto di vista della forma, nella quale l'eleganza e la finitura a volte lasciano molto a desiderare. Così … il lavoro della casa Jules Fex aîné e Pardoux, che è sia meccanico che manuale, consiste nel dare l'ultimo tocco agli articoli quasi finiti della manifattura di Saint-Claude.
Gli Inglesi fecero qualcosa di simile ma con qualche pretesa in più, perlomeno negli anni Settanta. Il fabbricante di pipe Henri Vuillard, in un suo scritto di ricordi personali datato 1954 e citato nel libro Les pipiers français - histoire et tradition di Gilbert Guyot (1992) racconta che verso il 1879 c’erano a Saint-Claude officine specializzate al loro servizio. Monsieur Gay-Mandrillon era sicuramente il più importante. Da Londra richiedevano solo le teste delle pipe. Dovevano essere di prima qualità per bellezza e mancanza di difetti, e provenire da ébauchons perfettamente calibrati. Su questi prodotti francesi, gli inglesi si riservavano poi di intervenire per gli opportuni ritocchi finali. Questo alla fine degli anni Settanta, ma è ragionevole pensare che l’uso di importare e rifinire risalisse a molto prima, anche agli anni Sessanta, pur con minori quantità e minori specifiche imposte ai fornitori.
Difficile capire chi e quando decise, in Inghilterra, di fabbricare una pipa in radica a partire dall’abbozzo. Difficile perché anche quelli che si limitavano a modificare le pipe francesi, poi le vendevano come “London made”. Se qualcuno iniziò negli anni Sessanta, o Settanta, a fare tutto da solo non si trattò comunque di grandi numeri, come assicura l’articolo The making of a pipe di Frederick A. Talbot sul periodico The Windsor Magazine, 1899:
Prima del 1883 non c'era quasi una sola pipa in radica prodotta in Inghilterra. Erano tutte fatte all’estero. Nell’ultima parte di quell’anno Mister. J. S. Weingott, il ben noto mercante di tabacco di Fleet Street, considerando le possibilità offerte da un campo così non competitivo e incontrastato, decise di produrre pipe in Inghilterra per il consumatore inglese. La sua impresa, in un primo momento, fu considerata con scetticismo da altri del settore, mentre molti dei più infinitamente saggi pronosticavano il disastro.
Invece, così come avevano imparato a dare una loro impronta alle pipe fatte dai francesi, gli inglesi riuscirono a ottenere lo stesso, anzi un miglior risultato eseguendo dalla prima all’ultima tutte le fasi di lavorazione. Quale il loro segreto? Avevano capito prima degli altri qualcosa di ovvio ma di fondamentale: la radica era “radica”. Non schiuma di mare. Di un materiale così bello andava messa in luce l’intrinseca personalità: guai ad appesantirlo con eccessivi fronzoli. Solo qualche discreto inserimento di altri materiali era consentito. La forma doveva essere armoniosa, di una semplicità non banale ma frutto di complesse sintesi che tenessero nel dovuto conto sia la funzionalità che i problemi di fabbricazione. Attorno al 1870 iniziò a entrare in servizio il naturale complemento della radica: il bocchino in ebanite. Frutto di uno sforzo di ricerca rigorosa del bello unito all’utile, quelle pipe inglesi fabbricate (in parte) in Francia e vendute come inglesi, insieme alle sorelle interamente realizzate sul posto, furono valide avanguardie del futuro industrial design. Innovative, a loro modo lussuose (anche nel prezzo), dotate di personalità e riconoscibilità, erano le più adatte a invadere il mondo, anche la Francia. Il nuovo stile inglese segnava la strada anche ai fabbricanti (come ai fumatori) degli altri paesi; e man mano che si affermava metteva in ombra il fascino della schiuma di mare.
Leggiamo dal libro Tobacco whiffs for the first-class smoking carriage - by a London Journalist, edizione 1881:
La schiuma di mare è in qualche modo passata di moda negli ultimi anni, e le pipe di legno, montate in modo più o meno elaborato, sono ora le più apprezzate, perché nelle pipe, come in quasi tutte le cose umane, c'è una moda, e suppongo che questo dipenda dai fabbricanti, così come è nel caso dei nostri abiti, essendo il cambiamento buono per il commercio. La gran maggioranza delle pipe di legno è fatta di briar, o almeno sono chiamate con quel nome… tale parola è la corruzione della francese bruyère che significa “erica”. È di questo legno francese che son fatte le pipe, ed è usato per il semplice motivo che è quasi l'unico che non si carbonizza quando viene sottoposto al fuoco, ed è praticamente incombustibile. Viene inviato in questo paese in forme e dimensioni grossolanamente preparate, e [poi] sottoposto al tornio e a una varietà di lavori manuali, in qualche modo simili a quelli impiegati per modellare e lucidare la schiuma di mare.
Che cosa intendeva l’autore parlando di “forme grossolanamente preparate”? Semplici ébauchons o teste di pipa francesi da migliorare? Nella prima ipotesi ci sarebbe da anticipare la data di nascita delle prime pipe in radica totalmente prodotte sul suolo inglese. Nella seconda, che probabilmente è quella giusta, tutto quadra senza bisogno di cambiamenti.
Quella del 1881 è la seconda edizione di Tobacco whiffs. Nella prima, che risale al 1874, il brano appena citato è differente e inizia in questo modo:
Sulla manifattura delle pipe di legno non c’è molto da dire. Si tratta di una varietà di prodotti quali acero e ciliegio, i più costosi e popolari dei quali sono quelli chiamati “briar roots”. … il nome “briar” è solo la corruzione… Le autentiche pipe di radica francese sono fatte con le radici di un tipo di erica che è usato a questo scopo perché …
Insomma: nei sette anni fra un’edizione e l’altra le opinioni del pubblico e dell’autore sull’importanza delle “radiche” avevano fatto qualche progresso.
Tornando alle pipe inglesi, il costruttore di pipe J.S. Weingott, intervistato da Frederick A. Talbot nell’articolo già citato del 1899, aggiunge qualche interessante osservazione:
È in questo che la pipa inglese è di gran lunga superiore all'articolo di fabbricazione straniera. In Inghilterra l'intera pipa viene rifinita da un sol uomo, che è così in grado di garantire un montaggio corretto e stretto delle varie parti, in modo che la pipa una volta finita possieda un profilo meravigliosamente simmetrico. Nel caso dell'articolo estero, ogni uomo fa una parte diversa, lavorando tante volte sempre quella, e così quando si arriva all'allestimento finale l'intero articolo ha un aspetto deludente, confuso, sebbene vengano fatti sforzi strenui per coprire la cattiva fattura con montaggi attraenti.
Nel libro The soverane Herbe, di W. A. Penn, pubblicato nel 1901 quando le radiche si erano definitivamente affermate, si legge:
L'ultimo quarto del secolo ha visto un completo cambiamento di atteggiamento nei confronti delle pipe. La radica è onnipresente e onnipotente; è praticamente indistruttibile e come aspetto è superiore all'argilla e alla schiuma di mare, che sono essenzialmente pipe solitarie e filosofiche, inadatte alla fretta e alla tensione della vita moderna. L'introduzione della pulita e quotidiana radica ha contribuito in non piccola misura alla rinascita del fumo.
…e ancora:
Le pipe di schiuma di mare sono gli animali domestici dei fumatori lussuosi e poetici. Per una fumata genuina e intensa non c'è niente di meglio di una buona radica. Certo, una buona radica è rara, ma una volta ottenuta cosa può batterla? A differenza della schiuma di mare, non è necessario maneggiarla e fumarla con cautela, per paura che si rompa; il calore delle dita non ne altera la colorazione, quindi avvolgerla in protezioni di stoffa non è necessario. Naturalmente, la radica non produrrà le ricche sfumature della schiuma del mare, ma il piacere del fumatore nel vedere il legno che si scurisce non è inferiore a quello del devoto alla schiuma di mare. La schiuma di mare è la pipa per lo studio e la casa; non può essere fumata all'aperto. Ma la radica è adatta ad ogni occasione. In casa o all'aperto, al vento o al sole, in terra o in mare, la radica è sempre pronta. Robusta, senza necessità di custodia, pratica e filosofica, è decisamente la pipa del britannico. Non sorprende che la pipa di legno sia di recente invenzione, perché il legno deve possedere molte qualità. Il legno deve essere duro e praticamente incombustibile, ma leggero. Deve essere senza linfa e inodore, altrimenti una volta riscaldato la fragranza del tabacco andrebbe persa. E sebbene non sia essenziale, è auspicabile che la fibra sia nodosa, fiammata o granulare, e suscettibile di una lucidatura elevata.
E ora due contributi recenti. Il primo è di B.W.E. Alford, dal libro Wills and Development of the UK Tobacco Industry, 1786-1965, 1973:
Inizialmente le pipe in radica erano troppo costose per l'uomo comune, ma dagli anni Ottanta dell’Ottocento furono pressoché alla portata di tutti. Man mano che guadagnavano popolarità, c'era una domanda concomitante per il tabacco Virginia, più mite, ideale per la radica. Alla fine del XIX secolo le pipe in radica erano i modelli più ricercati, con nuovi soggetti che si dedicavano alla loro produzione. Sia che le aziende passassero alla radica dalla schiuma di mare o che iniziassero direttamente a produrre pipe in radica, prestavano principalmente attenzione alla qualità piuttosto che alla quantità. Il passaggio dalla fabbricazione a mano a quella a macchina avvenne intorno al 1870. L'invenzione di apparecchiature a vapore per la produzione in serie diede alle radiche la spinta di cui avevano bisogno: ciò permise ai produttori di pipe di progettare forme molto funzionali.
Il secondo è di Ben Rapaport, dal suo libro già citato An intimate history of the tobacco industry 1850-1920, del 2021, dal quale sono tratte tutte le precedenti citazioni inglesi:
Si sviluppò un assortimento di forme, e queste divennero semplici, così che all'inizio del secolo la maggior parte delle forme classiche e tradizionali che ora conosciamo erano state sviluppate, e molte continuano a essere prodotte oggi. Va ai britannici il merito di aver dato il nome alla maggior parte di esse.
Per concludere, altri due brani che, dell’infanzia delle pipe in radica, potrebbero rappresentare l’alfa e l’omega.
Da Higiène des fumeurs di Lemercier de Neuville e Victor Cochinat – 1859:
Il fornello è l'anima della pipa… Così le radici del nocciolo, dell'erica, del bosso, dell’olmo, dell’acacia sono comunemente impiegate… Le pipe di legno diventano deliziose con l'uso. Hanno solo lo svantaggio di ungersi facilmente e di dare alla mano un odore sgradevole quando le si è fumate per molto tempo. Radica, bosso ed ebano sono generalmente i legni utilizzati per realizzarle.
La pipa in radica è apparsa da pochi anni e gli autori la sottovalutano, equiparandola ad altri legni, però sono già informati della sua esistenza.
Dal rapporto di Jules Cahen per conto del Comité Français des Expositions à l’Étranger sulla sezione “tabacco e industrie collegate” all’Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro Torino 1911:
Gli inglesi, praticando gli sport, domandavano, come i cacciatori, una pipa solida e resistente agli urti. Per loro si sono fatte pipe in radici di erica la cui vendita ha assunto ben presto un notevole volume e ha superato di gran lunga quella di tutte le altre pipe. Questo articolo si fabbrica principalmente a Saint-Claude per essere esportato in Gran Bretagna, Stati Uniti d’America e Australia. Questi Paesi ne fanno uso in tale quantità che alcune case inglesi sono venute a impiantare direttamente a Saint-Claude le loro officine sopprimendo così gli intermediari.
Col volgere del secolo si concludeva una fase, sia per le pipe in radica che per gli ébauchons. L’evoluzione non si poteva certo dire conclusa (quella non finisce mai) ma una cosa era certa: il valore di quel materiale era ormai universalmente riconosciuto.
Alla vigilia del Novecento produceva le pipe un insieme di più o meno solide strutture industriali (in Francia ma in misura minore anche altrove) cui facevano capo da un lato le organizzazioni commerciali deputate alla vendita, dall’altro i fornitori.
Preparava gli ébauchons una miriade di entità spesso piccole, talvolta di media grandezza, legate più o meno strettamente ai luoghi di raccolta, collegate in tanti modi fra loro e a strutture mercantili specializzate che rifornivano le aziende e, con l’andare del tempo, tendevano a farsi sempre più grandi e importanti.
Restavano qua e là in Francia piccole fabbriche di pipe indipendenti da Saint-Claude, Parigi o Strasbourg, che a volte sfuggivano alla logica della dicotomia fra la produzione di pipe e produzione di ébauchons.
Come si era arrivati, per gli abbozzi di radica, a questa situazione?
Tutto era partito da poche segherie spesso improvvisate, spesso legate ad altre lavorazioni e a una determinata località, spesso non troppo organizzate dal punto di vista della vendita. Entità di frontiera, dedite (dopo il “facile” brevissimo periodo degli esordi) a un lavoro duro non troppo remunerativo e anche instabile, visto che in certe stagioni si lavorava di meno, che i giacimenti di ciocchi si esaurivano e a un certo punto si doveva smontare tutto per ricominciare in altri luoghi non ancora sfruttati. Ma per fare della produzione di abbozzi una cosa seria, per inseguire con profitto e nel contempo efficientemente alimentare lo sviluppo dell’industria delle pipe, bisognava cambiar marcia. Uscire dal piccolo e pensare più in grande.
Nella terza parte di questa storia si sono già visti alcuni esempi di segherie. Quella spagnola che, impiantata inizialmente a Bescanò, in Catalogna, dopo pochi anni aveva dovuto “inseguire il ciocco” trasferendosi ad Arbucias, a una quarantina di chilometri. Quella di Alet, alta valle dell’Aude, che probabilmente aveva meno problemi di vendita rispetto alle concorrenti di Saint-Paul potendosi appoggiare al mercante parigino Philippe Calmettes.
Frédéric Vassas e Ambroise Salvat, intuendo che il ciocco pirenaico si sarebbe prima o poi esaurito, ma anche per evadere dai limiti di Saint-Paul, erano andati a cercare più a Est lungo la costa, nel Var. Allargando, col tempo, i loro orizzonti.
Salvat ad esempio aveva prima diretto la fabbrica di ébauchons e pipe all’Île de Levant e poi si era stabilito a Saint-Claude per vendere ébauchons in grande quantità.
Scorrendo diverse opere di vario genere edite in gran parte nell’Ottocento si trovano riferimenti alla produzione di ébauchons e/o pipe in radica in diverse località francesi. Nei Pirenei orientali, oltre a Saint-Paul, Orle e Céret abbiamo Saint-Laurent de Cerdans (1863), Amélie-les-Bains-Palalda e Arles-sur-Tech (1869), Bouleternère (1875) Perthus e Le Boulou (1890). Più volte citati sono Lanet e Alet nell’Aude. Nel Var: Saint-Raphaël (1869) zona di Draguignan (1870), Le cannet-du luc e Collobrières (1877), Roquesteron (1896). Nelle Alpes Maritimes: Auribeau-sur-Siagne (1873), Luceram (1890). In Corsica: Sollocaro (1877), Cutuli (1890) Ajaccio, Ucciani, Bocognano, Véro, Cristinacci, Guagno, Serriéra, Galéria, Propriano (1898). Ma tante altre località andrebbero individuate e nominate.
Il caso di Bouleternère (Pirenei Orientali) è emblematico perché legato al problema dei trasporti: fu quando il paese fu toccato dalla ferrovia, era circa il 1875, che Jean Blanc, originario di Boule d’Amont, vi attivò una piccola fabbrica di ébauchons riadattando il vecchio mulino de l’Oliveda. Il responsabile fu per molti anni Monsieur Caruso, la raccolta si faceva nel territorio di Bula, in particolare sul Massif de la Quera. Partivano tutte le mattine e non tornavano finché non avevano raccolto perlomeno novanta chili di ciocchi a testa. Poi, esaurendosi le riserve, l’area di raccolta si era allargata fino a territori più lontani. Spedivano gli abbozzi a Saint-Claude ma anche a Lunel e Cogolin. Fino alla fine dell’Ottocento ne mandavano anche negli Stati Uniti d’America e ai Boeri del Sudafrica. La segheria restò in attività (calante) fino agli anni Settanta del Novecento.
Dagli annuari Didot-Bottin risulta che a Parigi, nel 1858, vendeva abbozzi L.Prax. Il cognome catalano suggerisce che li facesse venire dalla zona di Perpignan. Non si sa invece dove se li procurasse Alfred Sautel il quale, sempre a Parigi, li commerciava nel 1861. Saltando al 1886 riemerge dalle cronache la figura di Ambroise Salvat, residente a Saint-Claude e affermato mercante di ébauchons: a diretto contatto, dunque con tutti i maggiori fabbricanti di pipe. Un mercante diventato azienda, con l’aiuto del fratello Baptiste produttore di abbozzi in Corsica. Ma probabilmente il giro era più vasto: sia Baptiste (Corsica) sia Ambroise (Francia continentale) dovevano avere legami stretti con un certo numero di altre strutture che alimentavamo i loro commerci.
Cercando di tracciare un quadro generale degli ultimi quattro decenni dell’Ottocento, in Francia ma anche fuori dalla Francia, man mano che la fame di abbozzi aumentava si può immaginare l’attività di tante segherie il più delle volte piccole e nomadi, legate via via a nuovi territori da sfruttare; talvolta più stabili e grandi, man mano che mezzi e infrastrutture di trasporto più efficienti permettevano di estendere la ricerca a un territorio più ampio. I mercanti facevano da ponte con le fabbriche di pipe, siglando contratti o creando aziende con uno, due, cinque, dieci produttori; oppure rilevando le imprese, o battendo territori ancora inesplorati per trovare quello giusto, ottenendo licenze di sfruttamento e impiantandovi nuove segherie. Si creava così una rete che collegava e avvantaggiava tutte le parti, sia pure in proporzioni diverse: Il piccolo impianto aveva lo smercio assicurato per il suo prodotto, il mercante di riferimento, controllando più segherie, ovviava al ristretto margine di guadagno lucrando sulla grande quantità. La posizione strategica di Saint-Claude favorì qualche operatore locale e indusse altri a insediarsi nella città del Jura. Fu questa un’evoluzione parallela a quella della pipa in radica, altrettanto lunga accidentata e graduale. Dal novero dei mercanti che restarono al livello di mercanti emerse via via quel gruppo ristretto che diede vita ad aziende medie e grandi: quelle che competendo fra loro determinavano le sorti dell’intero settore. Nel loro insieme questi uomini pratici e tenaci avevano fatto dell’industria degli abbozzi qualcosa di più serio, di più affidabile, di più grande.
In quanto a Saint-Paul, la sua graduale uscita di scena dal mondo degli abbozzi si può spiegare con i ritmi e le vedute di un paese di duemila abitanti che, tutto sommato, non viveva esclusivamente di radica nemmeno nel momento magico degli anni Settanta. Un paese molto decentrato rispetto a Saint-Claude, che aveva visto presto impoverirsi i suoi preziosi giacimenti di ciocco. Ma aveva una ricca agricoltura (vigne e oliveti) e una buona tradizione di lavorazione del bosso, oltre che altre apprezzate attività. I tornitori avevano sempre puntato sui prodotti finiti, e vedendo gli abbozzi dare segni di stanchezza avevano tirato dritto: quando nel 1873 la torneria del defunto Pierre Bougnol (cadet) era passata di mano, dava lavoro a quaranta operai; a fare ébauchons ce n’erano solo due. Negli stessi anni erano comparse due fabbriche di forni che ebbero un discreto successo. Nei rapporti sulla Situation Industrielle di Saint-Paul gli ébauchons vivono una lenta agonia nella prima parte degli anni Settanta, poi praticamente spariscono; ma continua ad apparire la produzione di pipe in radica, anche scolpite! L’ultima loro comparsa è del 1883, con l’annotazione: [produzione] lenta, senza domanda, [vendita] lenta, pochi sbocchi.
Si ringraziano:
Gauthier Langlois (Société d’Ètudes Scientifiques de l’Aude),
Ben Rapaport,
Archives Départementales des Pyrénées Orientales