Sotto la testata de Le Var (giornale politico, amministrativo, agricolo, industriale, commerciale del Dipartimento - giovedì 7 maggio 1868) c’è un ricco bollettino politico. A fondo pagina sta il Feuilleton du Var: La fiancée de la mer - histoire vénitienne.
Superate le due pagine interne, giunti alla quarta e ultima, si notano subito alcune pubblicità ma sono gli annonces judiciaires a meritare il maggior interesse: uno di essi informa che in data 20 marzo di quello stesso anno il signor Frédéric Antoine Vassas, fabbricante di pipe a Le Muy, ha acquistato dal signor Joseph Benoit Sivan, direttore delle poste a Nizza, per tremila franchi, una proprietà rurale sita nel territorio di Le Muy, quartiere des Paradous.
Il Var è oggi il Dipartimento, affacciato sul Mediterraneo, incuneato fra Marsiglia e Cannes; nel 1868 il territorio era più esteso. Oggi il capoluogo è Tolone; allora era Draguignan. Le Muy, villaggio dell’arrondissement di Draguignan, era una buona scelta per un esperto di pipe e radica come Frédéric Vassas, che vi si era trasferito attorno al 1860: situato nelle vicinanze del massiccio des Maures dove prosperava l’erica arborea, disponeva di una stazione ferroviaria e di acque in abbondanza. Ancor migliore era la scelta del terreno appena acquisito nel quale egli intendeva costruire una nuova abitazione: in lingua provenzale Paradou significava un genere particolare di mulino ad acqua usato per follare i tessuti e i feltri di lana, sottoponendoli a ripetute pressioni per conferir loro compattezza, leggerezza e morbidezza; ma a Frédéric questo non interessava. Per lui contava solo l’acqua. Quella che, scorrendo e facendo girare una o più ruote, avrebbe messo in movimento le sue macchine per fare le pipe. Non vedeva l’ora, anche se fra una cosa e l’altra ci sarebbe voluto del tempo prima di traslocare; Dopo tanti spostamenti, quella del Paradou doveva essere la sua casa definitiva, con annessa officina.
Almeno otto anni prima era giunto a Le Muy con la famiglia. Si può trovare qualche informazione su come li aveva vissuti (e come visse i successivi) esaminando alcuni atti di stato civile ma soprattutto i fogli dei censimenti custoditi agli Archives Départementales du Var.
L’atto del due aprile 1860 si riferisce a una nascita avvenuta il 31 marzo. A nascere è stato François Joseph Séraphin, figlio di Vassas Antoine Frédéric, tornitore (tourneur) di anni trentotto e di Parizel Henriette Marie, trent’anni, sans profession senza professione. Questa, nei documenti ufficiali di allora, era la definizione standard per le donne che stavano in casa.
L’anno successivo, il 1861, è quello del censimento: la famiglia Vassas abita in zona Le Galinier. Nell’abitazione sono presenti: Vassas Fréderic, fabbricante di pipe in legno, capofamiglia, quarant’anni; Parizel Célina sua moglie (in realtà Henriette Marie, ma Célina era il nome abitualmente usato), trentaquattro anni; seguono i figli Séraphine, sette; Ernest, sei; Antoine, quattro; Seraphin, uno. Quest’ultimo, come si è visto, è nato a Le Muy, gli altri a Saint-Paul de Fenouillet. La casa ospita altre due persone: Bedor Roger, socio di Frédéric, ventisei anni e Gros Benoît, operaio, ventisette anni.
Nel censimento 1866 i Vassas risultano abitare nella Grande Route. L’abitazione ospita: Vassas Frédéric, fabbricante di pipe in radica, capofamiglia, 45 anni; Parizel Célina, moglie, 39 anni; seguono i figli Séraphine, dodici anni; Ernest, undici; Antoine, nove; Marie, sei; Justin, uno. Manca purtroppo Seraphin, deceduto in tenerissima età. Niente più estranei in casa, anche il socio Bedor è uscito di scena. In compenso, nella casa accanto, abitano con le famiglie: Forquier Jean e Lacombe Barthelemy, entrambi ventinovenni e con la qualifica di ouvrier en pipe de bruyère, operaio specializzato in pipe di radica.
Un nuovo censimento, per via della guerra con la Prussia, si svolge col ritardo di un anno, nel 1872 e trova la famiglia Vassas ancora spostata: questa volta in zona Bellugues. Fréderic, fabbricante di pipe in radica (cinquantuno anni), e Célina (quarantanove) aprono l’elenco. Seguono i figli Séraphine (diciotto) Ernest (diciassette) Antonin (undici) Marie (dieci) Justin (sei) Joséphine (quattro) Augustine (due). Nell’abitazione vicina: Salvat Jules, ouvrier pipier nato a Saint-Paul de Fenouillet e Guigon Pierre, scieur ossia segatore. Probabilmente la nuova casa al Paradou è quasi ultimata…
… E infatti il censimento del 1876 certifica il trasferimento collocando la famiglia in una generica zona di maisons isolées: case sparse. Frédéric (cinquantacinque) fabbricante di pipe, Célina (quarantasette) Séraphine (ventidue) Ernest (ventuno) Antonin (diciannove) Marie (diciotto) Justin (dieci) Joséphine (nove) Augustine (sette); ma la nuova casa è abbastanza grande da accogliere anche: Salvat Jules e Salvat Baptiste, entrambi nati a Saint-Paul de Fenouillet, qualificati ouvrier pipier, e Guigon Pierre, scieur ossia segatore.
Cinque anni dopo (1881) la famiglia è rimasta nella stessa abitazione. La zona è ora denominata Le Paradou et le Moulinard. Purtroppo Frédéric è deceduto a fine febbraio del 1879 e Célina (cinquanta) fabbricante di ébauchons, è il nuovo capofamiglia. Seguono Ernest (ventisette) fabbricante di ébauchons, Maria Souire moglie di Ernest (diciannove), Antonin (ventiquattro) fabbricante di ébauchons, Marie (venti) Justin (sedici) Joséphine (quattordici) Augustine (dodici). Séraphine si è sposata e abita altrove.
Censimento 1886: se ne è andata anche Célina, nel Novembre 1884. Il nuovo capofamiglia è Ernest (trentuno), negotiant, con la moglie Maria (ventidue) e i figli Raoul (tre) e Albertine (sei mesi). E poi: Antonin (ventinove) negotiant, Maria (ventiquattro) Justin (venti) negotiant, Joséphine (diciotto) Augustine (sedici). Badano alla casa Guigon Anne (quarantanove) domestique e Versalone Joseph (trentasei) proveniente dall’Italia, domestique. Grazie alla nuova Rue du Paradou la casa dei Vassas non è più isolata. Nella nuova strada abitano molti esponenti della famiglia Demuth, originaria del Lussemburgo. Uno di essi, François Demuth, bouchonnier (fabbricante di tappi di sughero) è il marito di Séraphine Vassas.
Nel censimento seguente, 1891, la casa al Paradou è vuota. L’unica Vassas rimasta in zona (Rue du Paradou) è Séraphine, insieme al marito e ai tre figli.
I Vassas avevano traslocato tre volte nell’arco di circa quindici anni: anni di ascesa, e non solo nella qualità delle abitazioni. Nel 1874, tra l’altro, il capofamiglia aveva acquisito un’altra proprietà più grande: 33 ettari sempre nella zona di Le Muy. Dai primi anni Ottanta i figli maschi più grandi iniziarono ad affiancarlo.
Frédéric, arrivato a Le Muy, aveva cominciato la sua attività come tourneur: così è denominato nell’atto di nascita di suo figlio Seraphin, 1860; già l’anno dopo, nel censimento 1861, è “fabbricante di pipe in legno”. Perché genericamente “in legno”? Forse il rilevatore non sapeva che cosa fosse la radica; ma alla tornata successiva la denominazione di Frédéric è finalmente quella giusta: fabbricante di pipes de bruyère.
Gli ébauchons inizialmente non gli erano sembrati troppo interessanti: meglio il prodotto finito, le pipe. Ma passando gli anni aveva dovuto ricredersi: la concorrenza di Saint-Paul si faceva sentire ogni giorno di più, e intanto la richiesta di abbozzi era in ascesa. Così, nel censimento 1872, ecco comparire uno scieur, un segatore; e a cosa serve uno scieur se non a produrre ébauchons? Fu probabilmente allora che, ad alcune fabbriche di pipe, iniziarono ad arrivare i sacchi col marchio “Vassas Frédéric”. Sacchi di abbozzi, naturalmente. Ma a fare le pipe Frédéric non volle mai rinunciare. Anche nel suo atto di morte risulta “fabbricante di pipe”.
Célina era uno spirito pratico. Dopo che, quasi improvvisamente, il marito le lasciò il timone non ci mise molto a rinunciare al prodotto finito: al censimento 1881 sia lei che i due figli maschi più grandi si dichiarano fabbricanti di ébauchons.
Chi compilò l’atto di morte di Célina la indicò col nome che tutti le avevano attribuito fin da giovane; ma un burocrate scrupoloso cancellò poi “Célina” lasciando solamente “Henriette Marie”. In compenso, nello spazio riservato alla professione, si può leggere fabricant d’ébauchons de pipe e non sans profession: un riconoscimento dovuto.
L’attività di famiglia fu presa in carico dai figli maschi, ormai lanciati e con idee molto chiare. Nel censimento 1886 Ernest, Antonin e Justin si denominano negotiant: commerciante. La loro attività va ormai oltre la semplice produzione di ébauchons: hanno assunto un ruolo più commerciale, imprenditoriale. Nella casa ci sono due persone di servizio ma nessun operaio pipier, nessun segatore: l’officina del Paradou ha perso importanza, la produzione è già altrove.
Ecco quanto si riesce per ora a dedurre da un atto di nascita, da due di morte e da sette censimenti; ma in questo genere di ricerche nulla è definitivo: anche un solo nuovo indizio potrebbe mutare l’angolazione da cui si guardano i fatti. Nell’attesa di eventuali novità (che ci saranno) sono possibili fin d’ora alcune ulteriori considerazioni.
Chi era quel Salvat Jules, ouvrier pipier nato a Saint-Paul de Fenouillet che compare nella rilevazione del 1872? Chi era quel Salvat Baptiste, l’altro ouvrier pipier nato a Saint-Paul de Fenouillet che compare accanto a Jules nella rilevazione del 1886?
Il cognome Salvat è già comparso più volte in questa storia: Ambroise è quello che rivendicò la creazione dei primi ébauchons; con Baptiste suo fratello aveva creato la società Salvat Frères. Nel 1856 l’uno e l’altro abitavano a Saint-Paul al Faubourg du Plagnol, la stessa via di Fréderic Vassas e di suo fratello Justin. Ma sempre nella stessa via stava un terzo fratello Salvat: Louis, cultivateur, il padre dei due Salvat (Jules e Baptiste) che a un certo punto si trasferiscono a Le Muy e vanno a lavorare per Frédéric.
Nel 1856, secondo il censimento di Saint-Paul, Ambroise aveva ventinove anni, Baptiste ventitre. I loro nipoti Jules e Baptiste undici e quattro. Fréderic Vassas, trentaquattro, Justin ventotto.
Abitavano nella stessa via. Escludendo il coltivatore Louis e i suoi due piccoli figli, che rapporti c’erano fra i due fratelli Salvat e i due fratelli Vassas? Erano semplicemente impegnati nello stesso settore o avevano legami più stretti? Il racconto di Paul Èmile Poitras narra di un Frédéric che scopre nel 1849 in qual modo gli abitanti dei Pirenei utilizzano il legno d’erica: ne parlò con i Salvat? Collaborò con loro nelle sperimentazioni, nei tentativi di fabbricazione degli abbozzi e delle pipe? Comunque sia, quando se ne andò da Saint-Paul (e intanto se ne andava anche Ambroise) era capace di fare gli uni e le altre.
Ultima considerazione: anche quel Lacombe Barthelemy che nel censimento 1866 risulta domiciliato a Le Muy nella casa accanto a quella dei Vassas è nato a Saint-Paul de Fenouillet; già allora o negli anni successivi avrà anche lui un ruolo nella storia degli ébauchons.
Nell’ottobre del 1878 Fréderic ebbe un malore. Appena tornato in sé non perse tempo: afferrò un foglio a caso e vi vergò le sue ultime volontà. Morì il trenta aprile del 1879, ma per la successione si aspettò fino al 1892: circa quattordici anni nei quali l’azienda fu gestita in comune dalla madre (fino al 1884) e dai tre figli maschi (Justin si unì agli altri fra il 1884 e il 1886). Accantonate le pipe, tutta l’attenzione era rivolta agli ébauchons, ma anche al sughero. In quegli anni Ottanta - Novanta dell’Ottocento il percorso evolutivo delle pipe in radica era già tracciato: Saint-Claude e gli altri produttori, francesi e no, richiedevano sempre più abbozzi, le macchie dei Pirenei e della costa mediterranea francese non bastavano più e minacciavano di esaurirsi. Incideva forse anche il costo della manodopera impiegata nell’estirpazione. Finché il polo di produzione era rimasto attorno a Perpignan ci si era allargati oltre il confine con la Spagna. Da quando il baricentro si spostò nel Var e nelle Alpes Maritimes fu naturale guardare (oltre che alla Corsica, dove si iniziò lentamente attorno al 1870) anche verso l’altro confine lungo la costa: quello con l’Italia.
Che cosa accadde dunque in Italia, in fatto di abbozzi, negli ultimi decenni dell’Ottocento? Qualche vago accenno lo danno alcune sparse pubblicazioni italiane e francesi.
- Nel “Bollettino dell’Ufficio del Lavoro” edito a Roma nel 1906 si afferma, citando un “memoriale degli abbozzatori di pipe” stampato a Reggio Calabria nel 1905, che la produzione di abbozzi si svolge in Italia da circa trentacinque anni: in Liguria dapprima, poi in Sardegna, Toscana, Lazio, Calabria e Sicilia. Facendo la differenza, si arriva al 1870.
- Nell’articolo L’industrie algérienne des ébauchons de pipe (l’industria algerina degli abbozzi di pipe) firmato da Pierre Lafuente e uscito sul numero di maggio 1933 del Bulletin économique si legge:
Diventando insufficienti le foreste del Roussillon una delle nostre principali maisons si stabilì nel Var per lo sfruttamento delle foreste dei Maures e dell’Esterel e, attorno al 1865, installò parecchie segherie in Liguria (Italia). Venne definitivamente lanciata la pipa in radica, sempre più apprezzata dai consumatori; di anno in anno anche la produzione di abbozzi aumentò notevolmente. Le regioni forestali di Toscana, Calabria, Sicilia, Sardegna, furono a loro volta sfruttate contemporaneamente alle foreste della Corsica.
Affermazioni che, se esatte, confermerebbero quelle del Bollettino dell’Ufficio del Lavoro (anzi andrebbero più a ritroso) ma metterebbero in discussione alcune deduzioni tratte dai censimenti di Le Muy. L’articolo sembra attendibile: il Bulletin économique, stampato ad Algeri, era organo ufficiale dell’ente francese OFALAC, Office Algérien d'Action Économique et Touristique. Lafuente era presidente della sezione commerciale del tribunale industriale di Philippeville, oggi Skikda. In calce all’articolo ringrazia per le preziose informazioni fornite Monsieur Faillenot, direttore generale delle officine Vassas. I Vassas avevano segherie di abbozzi in diverse località della costa algerina; ad essi si riferiva Lafuente parlando di “una delle nostre principali maisons”. Ma se i Vassas arrivarono davvero in Liguria verso il 1865, perché allora Frédéric, nel censimento del 1866, si definì fabbricante di pipe e non di ébauchons? Semplice: aveva dichiarato quella che ancora considerava la sua attività più importante; oppure, per “pipe”, intendeva già anche gli abbozzi di pipa, ossia “pipe grezze”. In quanto alla regione del Roussillon, coincide quasi esattamente con quella dei Pirenei Orientali.
Fra il 1895 e il 1896 il periodico romano “L’Eco dei Campi e dei Boschi” pubblicò una serie di sette articoli dedicati alla produzione di abbozzi per pipe. Nel loro insieme costituiscono il testo organico più antico che si conosca sul tema. L’esposizione, abbastanza coerente e documentata, spazia dagli aspetti tecnici delle segherie a quelli finanziari a quelli forestali. La firma è di A. Franchi. Chi era costui? Di certo sapeva scrivere, e mostrava una buona competenza in materia. Un agronomo? No. Un produttore del ramo? Nemmeno, anche se un Franchi fabbricante di abbozzi operò a lungo a Fauglia (Maremma toscana) nella prima metà del Novecento. Annibale Franchi era in realtà un ispettore forestale, come risulta da un documento del 1893 e da un altro del 1904 nel quale è denominato “di prima classe” e “cavaliere”. Nel suo terzo articolo su “L’Eco”, 1895, si legge:
In tutte le regioni dell'Europa meridionale dove l'erica arborea ha stazione, i francesi, ai quali non manca né l’attività né il capitale, hanno incettato il ciocco facendolo sbozzare sui posti per portarlo poi in patria dove trova l'ultima e proficua confezione. … …
Vent’anni fa erano tutti francesi i proprietari e i lavoranti delle segherie, ora invece, se fra i primi sonvi ancora dei francesi che sono rimasti fra noi continuando questo genere di lavoro, la direzione ed il negozio del genere segato è quasi esclusivamente in mano d’italiani, i quali lo spediscono per la maggior parte in Francia e molto meno in Germania e Austria. … Nella rozza opera manuale di escavazione del ciocco nei boschi si impiegano lavoratori nostrani; ma appena occorre un po’ d’arte per segare ecco che l’industriale straniero importa operai suoi; ed è per questo che i segatori sono quasi esclusivamente corsi o francesi. Nella quasi identica misura secondo cui all'industriale forestiero andò sostituendosi il nostrale, si sono allevati operai del paese, ma fino ad ora sono pochi, ed ancora al presente nelle segherie l'operaio italiano è destinato ai lavori di pena.
Franchi parla di “vent’anni fa” (1875) riferendosi a quando erano “tutti francesi i proprietari e i lavoranti di segherie”, non a quando fu impiantata in Italia la prima segheria. Lascia così aperta l’ipotesi “anni Sessanta”.
Altre pubblicazioni fanno partire tutto dagli anni Ottanta dell’Ottocento. Scarse e vaghe indicazioni, dunque, nei pochi testi dedicati al tema abbozzi. Meglio affidarsi alle fonti ufficiali italiane?
Era il 1883 quando la Direzione generale della Statistica diede inizio a un’indagine conoscitiva sulle industrie in Italia. Le necessarie informazioni furono richieste a un certo numero di enti e istituzioni: dai Ministeri alle direzioni generali delle Privative e delle Gabelle, dagli uffici tecnici della Finanza alle Camere di Commercio ed Arti… I dati raccolti vennero pubblicati fra il 1885 e il 1903 in tante monografie separate, provincia per provincia, più altre specifiche per i più importanti settori industriali. Iniziativa encomiabile; ovviamente la completezza delle rilevazioni dipendeva dalla solerzia e dallo spirito di collaborazione dei tanti e diversi interlocutori.
Fu così che, nell’anno 1887, nel fascicolo decimo degli Annali di Statistica, statistica industriale - notizie sulle condizioni industriali della provincia di Livorno, si poté “finalmente” leggere, nelle ultime righe del capitoletto “Fabbriche di mobili ed altri lavori in legno”:
Finalmente vi è [nel comune di Livorno] una segheria a vapore per abbozzi di pipe di radica. La esercita la ditta Houiter Arnaldi facendo uso d'una forza motrice di 8 cavalli ed impiegando nella lavorazione 12 operai maschi adulti.
Insomma, nel 1887, la radica per pipe veniva “finalmente” chiamata con il suo nome in un documento ufficiale italiano: a Saint-Paul-de-Fenouillet già lo facevano perlomeno dal 1856.
Nel 1901 la “classificazione delle professioni o condizioni” da utilizzare nel Censimento della popolazione del Regno d’Italia ufficializzava la denominazione “sbozzatori di pipe di radica” inserendola nella classe ottava (lavorazione del legno…) al punto 7, assieme a: tornitori di legno, fabbricanti di caratteri in legno, di pettini in legno… Nelle tabelle dei risultati del censimento, pubblicate nel 1904, sbozzatori di pipe in radica e tornitori di legno erano conteggiati insieme senza distinzioni.
Arrivati in fondo all’indagine conoscitiva iniziata nel 1883, alla Direzione generale sentirono l’esigenza di riunire il tutto in una nuova pubblicazione per mettere in evidenza lo stato complessivo delle principali industrie nel 1903. Fu fatto ogni sforzo per aggiornare i dati, che in alcuni casi risalivano al 1885, ma non tutto funzionò a dovere e non mancarono le discrepanze. La nuova ponderosa opera (“Riassunto delle notizie sulle condizioni industriali del regno”) fu realizzata in tre parti fra il 1905 e il 1906. Nella prima, che in realtà uscì per ultima, si legge:
… l'inchiesta del 1903 ha rilevato più di 500 operai addetti a lavori di segheria per abbozzi di pipe di radica o di finimento degli abbozzi cosi ottenuti. Prendendo in esame le provincie dove tale genere d'industria viene esercitato, si rileva che la mano d'opera è più abbondante in quelle di Como, Grosseto, Milano, Reggio di Calabria e meno numerosa in quelle di Siena, Catanzaro, Vicenza, Cagliari, Macerata, Pesaro e Urbino, Pisa e Messina. La maggior parie dei laboratori fa uso di motori meccanici; negli altri la lavorazione viene eseguita a mano.
Purtroppo, anche qui si era messo tutto insieme: pipe e abbozzi. Dalle tabelle provincia per provincia (seconda parte del Riassunto) si deduce che la fabbricazione di questi ultimi era data presente solo nelle provincie di Catanzaro (28 addetti) Grosseto (89) Reggio Calabria (78) Siena (39). Da altri riscontri si sa che non è esattamente così. In quanto alle pipe, risulta che se ne facessero (tante o poche) in tutte le altre provincie elencate, e anche in due che nell’elenco non figurano: Cosenza e Forlì. Dati più precisi si ricavano da alcune delle singole monografie uscite fra il 1885 e il 1903: nella quarantaquattresima (1893, provincia di Milano) fra i produttori di pipe sono citati (insieme a tre altre ditte) i Fratelli Rossi. Può sorprendere il fatto che l’inchiesta segnalasse una abbondante produzione di pipe in provincia di Como, ma tutto si spiega considerando che allora Varese rientrava in quella provincia.
Scarsi dati e confusi, insomma. Pochissime precise indicazioni si trovano solo in alcuni degli Annali.
-Nel 1887: la ditta Huiter Arnaldi di Livorno, come già visto.
-Nel 1889 e oltre (Calabria): Nel luglio1889 venne impiantato nel comune di Mammola, dalla ditta Fratelli Vassas, una segheria a vapore per abbozzi di pipe di radica, e più tardi due fabbriche consimili vennero erette dalla stessa ditta rispettivamente nei comuni di Santa Cristina d'Aspromonte e di Cittanova. Nel primo stabilimento, che è animato da un motore a vapore della forza di 8 cavalli, con una caldaia di 20 cavalli, sono occupati 9 operai maschi adulti. Nel secondo ne sono occupati soltanto 7, con un motore a vapore di 6 cavalli di forza. Finalmente nel terzo che è animato da un motore idraulico della forza di 3 cavalli sono occupati 4 operai. La materia prima è costituita dalle radici di erica che crescono abbondanti nei demani comunali e sui monti di proprietà privata. La ditta, mercé particolari convenzioni, acquista le radici, che vengono estirpate e portate monde alla fabbrica, che passa un diritto ai proprietari e una retribuzione agli estirpatori. I prodotti di queste fabbriche si esportano specialmente a Marsiglia.
-Nel 1891 (provincia di Siena): Due segherie, una in comune di Chiusdino ed una in comune di Colle di Val d'Elsa, ciascuna con motore idraulico della forza complessiva di 4 cavalli, danno lavoro per circa 9 mesi dell'anno a 9 operai, dei quali 7 maschi ed una femmina, adulti, ed un ragazzo al disotto di 15 anni. I prodotti di queste due segherie, che consistono in abbozzi di pipe di radica, sono spediti per la ulteriore lavorazione in Francia.
-Nel 1892 (provincia di Grosseto): A Campagnatico vi è una segheria di radica per pipe, fornita di una turbina della forza di 8 cavalli. Essa occupa per circa 318 giorni dell'anno 7 operai maschi, adulti, ed invia i suoi prodotti a Saint-Claude in Francia (Giura). Altre due segherie per sbozzi di pipe esistono in comune di Massa Marittima, provvedute entrambe di motori a vapore della forza complessiva di 11 cavalli. Vi trovano lavoro in media per 200 giorni dell'anno 25 operai tutti maschi adulti. La materia prima che serve alla lavorazione di questi opifici proviene dai boschi del comune di Massa Marittima ed i loro prodotti sono parimente spediti a Saint-Claude.
-Nel 1893 (Calabria): Il signor Bernardo Visiani esercita nel comune di Fabrizia una segheria per abbozzi di pipe di radica, animata da un motore idraulico della forza di 4 cavalli. A questa segheria sono addetti 6 operai maschi adulti mentre altri 50 circa attendono alla raccolta delle radici di erica nei boschi del comune di Fabrizia e in quelli di Mongiana.
Nel 1895 (provincia di Messina): Nel comune di Rocca Valdina, contrada Scala, esiste una fabbrica di pipe della ditta Fratelli Vassas. Lo stabilimento dispone di una caldaia a vapore della superficie di riscaldamento di mq. 13. 87, corrispondente a quasi 12 cavalli di forza, la quale dà moto ad una segheria per la preparazione degli abbozzi delle pipe. Sono occupati nell'opificio per circa 220 giorni dell'anno 4 operai maschi adulti, compreso il macchinista.
Tutto dunque rigorosamente limitato agli anni Ottanta/Novanta, a parte un’eccezione: a pagina 50 degli “Annali di Statistica - statistica industriale - fascicolo XLIX – notizie sulle condizioni industriali delle provincia di Pisa” stampato a Roma nel 1894 si legge:
FABBRICHE DI PIPE DI RADICA. Nel comune di Cecina esiste fino dall'anno 1866 una piccola fabbrica di pipe di radica di scopa, di proprietà dalla ditta Toncelli Giuseppe, nella quale sono occupati tutti i giorni feriali dell'anno 4 operai adulti e 3 femmine pure adulte. In questa fabbrica sarà in seguito attivato un motore a vapore della forza di 6 cavalli destinato ad animare tutti i meccanismi che attualmente sono mossi a mano. La produzione media annua è di circa 4000 dozzine di pipe, che sono spedite in tutte le città d'Italia, ed anche all'estero, specialmente in Francia e nella Grecia.
L’esistenza di questa fabbrica è accertata. Nel 1906, all’ Esposizione Internazionale di Milano, la ditta Toncelli e Figli meritò addirittura una medaglia di bronzo per gli abbozzi e una d’oro per le pipe confezionate. La famiglia, con alterne vicende, ha continuato a produrre pipe fino agli anni Ottanta del Novecento. La data d’avvio però non è confermata da altri riscontri, e qualche dubbio sorge. Tra l’altro, se davvero Toncelli iniziò a far pipe di radica nel 1866, c’è da chiedersi chi, negli anni precedenti, gli aveva insegnato il mestiere.
A parte il fascicolo XLIX degli Annali di Statistica, sono solo il Bollettino dell’Ufficio del Lavoro, il Bulletin économique e la testimonianza di Annibale Franchi a sostenere l’ipotesi Anni Sessanta/ Settanta. Tutte le altre fonti finora considerate, compresi alcuni libri di viaggio, non la prendono nemmeno in considerazione. Perché? Ci sono due possibilità. O effettivamente, prima degli anni Ottanta, non ci furono in Italia segherie per abbozzi; oppure ci furono, ma erano semplicemente ignorate da statistici e viaggiatori. Confinate in periferia, considerate “stranezze” degne di nessuna attenzione.
In quegli anni Sessanta-Settanta dell’Ottocento, comunque, il confine fra una Francia impegnata nel passaggio fra impero e repubblica e un’Italia concentrata sugli eventi dell’unificazione era permeabile. Si narra di francesi che dalla Corsica andavano in Sardegna a farvi ricerche minerarie, e che dalla Sardegna potevano sbarcare in Toscana. Di famiglie di Nizza che dopo il passaggio alla Francia (1860) erano migrate in Italia. Fra le due zone di confine esistevano infiniti legami, parentele, memorie condivise. Le idee, le notizie circolavano, e anche le persone… Perché escludere che qualche francese si sia spinto in Italia precorrendo i tempi, cavando ciocchi in Liguria e poi in Toscana (e poi più a Sud) ben prima di quei pochi casi documentati?
C’è anche da considerare che le segherie dei primordi erano piccole, leggere, elementari, pensate per essere facilmente smontate e portate altrove non appena il “giacimento” di ciocchi si esauriva. Quante di queste installazioni volanti, attivate in un bosco in virtù di un semplice accordo verbale col proprietario, forse negli anni Settanta o addirittura Sessanta dell’Ottocento, restarono fuori dalla portata di chi avrebbe potuto o dovuto rilevarle?
Tra l’altro, dopo la proclamazione del Regno d’Italia (1861) si era reso necessario un lungo e faticoso lavoro di unificazione delle norme vigenti nei diversi Stati preunitari anche in materia di gestione dei boschi. Le selve erano già viste come patrimonio da tutelare, specie se di proprietà pubblica: preziose riserve di legname, terreni da difendere dagli incendi e dal dissesto idrogeologico. Le regole però differivano: le più strette le aveva emanate lo Stato Pontificio, le più blande il Granducato di Toscana. Differivano anche le organizzazioni preposte alla salvaguardia e alla sorveglianza. Solo nel 1877 si arrivò alla prima normativa forestale italiana e alla conseguente riorganizzazione degli enti preposti, del relativo personale, delle procedure previste per i permessi, i divieti, i controlli. In questa lunga fase transitoria sembra ragionevole supporre che, specie in alcune regioni, qualcosa sia sfuggito alle autorità costituite, e per questo non ne rimangano tracce.
O forse alcune tracce sono rimaste, ma vanno cercate con un paziente lavoro di scavo in altre possibili fonti.
Si ringraziano:
Claude Vassas,
Archives Départementales du Var, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana Castello Sforzesco Milano,
Archivio Storico del Comune di Cecina, Centre d'études diocésain Les Glycines Alger,
Biblioteca del Comune di Macerata,
Università degli Studi di Firenze Biblioteca di Scienze Tecnologiche Agraria,
Biblioteca della Scienza e della Tecnica Università degli Studi di Pavia