Una parola, un'idea, una festa. Come vivere, come considerare il Natale dipende dal luogo, dalla sensibilità, dalla fede, dalla cultura; ma l'atmosfera di fratellanza e serenità che in tante sfumature pervade la ricorrenza, quel luccichio eccitante e gioioso cui abbandonarsi in famiglia o con gli amici sono universali come la musica, come l'antico messaggio della cometa: pace agli uomini di buona volontà.
A Natale va in tavola un dolce semplice che viene da tempi remoti. Nato in una città italiana, si è poi diffuso in tutto il Paese e poi più in là, più lontano. Si gusta ormai in tutto il mondo in tante e spesso insolite varianti ma forse non tutti sanno com'è nato e perché, soprattutto dove stanno ancor oggi le radici del suo inimitabile segreto. Se vogliamo andare alle fonti del panettone abbiamo due strade davanti: la prima è improbabile e dettagliata come può esserlo una leggenda; la seconda risulta più realistica ma per forza di cose indefinita.
Imboccando la prima ci troviamo proiettati nella Milano di cinque secoli fa, fra il Quattro e il Cinquecento, ai tempi di Lodovico il Moro. Un suo falconiere s'innamora della figlia di Toni, il fornaio. Per starle vicino diventa garzone del forno e, per rendersi ancora più utile, inventa un nuovo dolce natalizio che tutti, in dialetto, chiameranno "Pan de Toni", panettone. Sempre Toni è in un altro racconto lo sguattero che, al banchetto natalizio del Moro, salva da una figuraccia il grande cuoco per cui lavora: il dolce ufficiale è bruciato nel forno, ai commensali verrà offerto il semplice pane che, con gli avanzi, Toni aveva preparato per sé. "Pan de Toni", nuovamente. Una terza leggenda ci porta a ritroso fino al Duecento, in un povero convento alle porte di Milano nel quale Ughetta, la cuoca, prepara con cedro e uvetta un umile pane per le consorelle. Quel dolce piacerà tanto che si spargerà la voce e i Milanesi accorreranno ad acquistarlo, risollevando le sorti del convento. In questo caso non troviamo nemmeno un Toni cui attribuire l'etimo di Panettone, ma lo spirito di queste leggende non cambia: persone umili, prodotto semplice e generosità sono gli ingredienti simbolici giusti per un dolce che si mangia tutto l'anno ma solo a Natale è il protagonista della mensa.
L'altra strada, più indefinita ma certo meno fantasiosa, passa da alcuni indizi nascosti nelle pieghe della Storia a partire da una cerimonia natalizia ormai perduta la quale, di origini pagane e diffusa a suo tempo in tante parti d'Europa, fu a lungo praticata a Milano. Riuniti tutti attorno al focolare, il capofamiglia poggiava un grosso ceppo di quercia su un letto di ginepro e accendeva. Versava poi un po' di vino sul ceppo ardente, ne beveva e ne offriva ai presenti. Poi gettava una moneta sul fuoco e ne distribuiva un'altra a ogni familiare. Infine prendeva un grosso pane fatto in casa sotto il suo diretto controllo, lo tagliava o lo spezzava, ne dava a tutti tenendone però una parte da conservare fino al Natale successivo.
Da quel grosso pane, di semplice frumento, può essere partita la storia che ci interessa: un pane che, forse proprio dai tempi di Lodovico il Moro, iniziò a diventare più dolce arricchendosi di altri ingredienti. Un pane speciale per le feste, che (dicono alcuni) a Natale veniva addirittura donato dai fornai ai loro clienti; ma che in dialetto milanese era comunque denominato "Pan di scior" (pane dei signori) o ancora "Pan de ton" (pane di lusso), panettone.
Un pane che non ha mai cessato di evolversi, assumendo la sua classica forma a cilindro culminante in una cupola quando, nella prima metà del Novecento, il pasticcere milanese Angelo Motta introdusse lo stampo in carta da forno che avvolge il dolce per gran parte della sua altezza.
Il panettone ha raggiunto oggi un suo assetto stabile, disciplinato da norme ufficiali. Gli ingredienti sono acqua, farina, miele, uova, latte, burro, uvetta sultanina, scorze candite d'arancia o cedro, lievito naturale, sale con l'eventuale aggiunta di zucchero, malto, vaniglia, aromi naturali. Altro non è consentito.
Per farlo vanno preparati prima il lievito naturale e poi l'impasto, e qui i diversi produttori variano la quantità e la successione degli ingredienti, il numero degli impasti successivi, le condizioni (tempo, temperatura, umidità) delle lievitazioni. In due parole si fa il primo impasto, lo si lascia lievitare, si impasta nuovamente, si lascia di nuovo lievitare... Chi conosce la struttura soffice e leggera del prodotto può capire quanto importanti siano questi passaggi. L'impasto più volte lievitato viene poi suddiviso e formato in modo da inserirlo bene negli stampi di cottura in carta da forno: quei "pirottini" che rimangono poi aderenti al prodotto fino a quando non viene consumato. Un'ultima lievitazione dentro al pirottino e qui avviene la "scarpatura": due tagli fra loro perpendicolari sulla parte superiore, quella che prenderà la forma a cupola. Poi, dentro al forno. Una volta fuori, il panettone si raffredda a testa in giù, così da non perdere il suo sviluppo in altezza.
Da almeno cinquecento anni sono in tanti a fare panettoni a Milano. Oggi, accanto ai prodotti industriali (alcuni di buon livello) non mancano quelli davvero eccezionali di tante pasticcerie: dalle più note e titolate ad altre di esordio più recente che però, in quanto a qualità, non sono da meno. In ogni modo, è a Milano che va gustato il panettone. Succede come per la pizza: la faranno anche in tutto il mondo ma è nata a Napoli, e dove si va a gustare quella vera? E se Milano è la Napoli del panettone, cercare altrove questo dolce semplice e raffinato non è la stessa cosa; per chi è troppo lontano, non è difficile farsi spedire a casa qualche chilo di questa autentica delizia.
Come per tante altre buone cose, ci vogliono tranquillità e concentrazione (e non solo il giorno di Natale) per gustare davvero un ottimo panettone. Come per tante altre buone cose, al panettone si può abbinare un ottimo vino. Il brachetto ci è sembrato l'ideale: tanto morbido e liquoroso da esaltare e accompagnare il gusto del dolce. Eppure, per raggiungere la perfezione, mancava ancora qualcosa: ci siamo messi comodi con il panettone, il vino (una bottiglia di Gatij Brachetto D'Acqui del 2011 delle antiche cantine Marchesi di Barolo ) e la nostra pipa. Per esaltare ancor più le nostre sensazioni abbiamo pensato a un tabacco naturale, di un certo corpo, dolce ma non troppo: a nostro avviso la miglior riuscita l'ha fatta un Virginia medio, il Best Brown Flake Samuel Gawith.
Durante le nostre prove abbiamo gustato quattro diversi panettoni, ognuno con la sua personalità e le sue inimitabili caratteristiche ma tutti di gran classe, acquistati presso altrettante pasticcerie di Milano:
Cucchi Pasticceria
Corso Genova, 1
20123 Milano - Italy
Tel.: 02.89409793
Gattullo Pasticceria
P.le di Porta Lodovica, 2
20136 Milano - Italy
Tel.: 02.58310497
Sant Ambroeus Milano
C.so Matteotti, 7
20121 Milano - Italy
Tel.: 0276000540
S. Carlo Pasticceria
Via San Vittore (angolo Carducci), 36
20123 Milano - Italy
Tel.: 02.86454034