L’acqua è l’elemento primordiale per eccellenza. La vita su questo pianeta viene dall’acqua. Noi siamo fatti per l’80% di acqua ed è nell’acqua che ci facciamo cullare per nove mesi prima di venire al mondo. Axel Reichert nell’acqua ci va per rinfrescarsi le idee quando ha un blocco di creatività.
A Merzig, in Germania, certi giorni d’estate possono essere infuocati e avere la possibilità di stare in ammollo al fresco mentre l’acqua massaggia il corpo e il fumo l’immaginazione, è certamente una fortuna. Il fumo, sì, perché nella piscina di Axel c’è un tavolino galleggiante con tutto il necessario per godersi la pipa. È stato studiato su misura. A guardar bene viene da pensare che anche quel paio di baffi a manubrio siano stati studiati su misura per incorniciare al meglio il bocchino quando la fuma. Chissà se sono nati prima loro o la passione per la pipa. Fatto sta che se non fosse per la montatura moderna degli occhiali, Axel sembrerebbe un dipinto antico, dove tutto è curato nei minimi particolari. E lui ai particolari ci tiene, ci tiene così tanto da essere quasi maniacale. Il suo laboratorio è lo specchio della sua meticolosità. Chiamarlo laboratorio è riduttivo, sarebbe più adatto il termine “sala operatoria”. O meglio, sala parto, dove vengono alla luce le sue meravigliose creature.
Così, te lo vedi uscire tutti i giorni dall’azienda dove fa l’ingegnere meccanico, dirigersi a casa dalla moglie Karin che lo accoglie con il suo sorriso confortante e carta vetro alla mano perché anche lei è coinvolta nella produzione, fare due chiacchiere con la figlia Joana che a modo suo dà una mano tenendo i contatti con i clienti, mangiare qualcosa veloce e poi dritto al tornio. Tutto questo non senza essersi prima acceso la sua pipa.
Anche mentre lavora, fumarla lo rilassa, lo aiuta a tenere alta la concentrazione e a non perdere di vista l’obiettivo che non è cercare nella radica forme nuove, o almeno non solo, ma è far nascere pipe che si possano fumare bene. Perché la perfezione per Axel è soprattutto ciò che ha raggiunto il suo scopo. Del resto l’ingegnere che c’è in lui non può essere messo a tacere del tutto.
Pur avendogli dato un nuovo equilibrio il fare pipe, lo ha fatto nel rispetto del suo carattere. E quando qualcosa si inceppa, vuoi per il caldo, vuoi per i troppi pensieri, Axel si butta in piscina, nel suo personale liquido amniotico. E fuma. Una sorta di reset per rigenerarsi. In inverno invece, quando ha bisogno di far riposare gli occhi e la testa, va a prendere una tazza di caffè nel soggiorno di casa. Pareti bianche, porte bianche, divano bianco e tappeto altrettanto bianco. Un’esplosione di luce che lo calmano e lo rimettono sulla sua strada. Una strada fatta di curve e rotondità che poco si combinano con il rigore e la linearità di quello che lo circonda.
Vedendo le sue pipe si penserebbe a tutto fuorchè a un luogo di lavoro come quello di Axel, dove ogni attrezzo è appeso al muro al proprio posto, dove ogni pezzo di radica ha la sua carta d’identità e guai se sfugge qualcosa e dove persino la polvere si sente in difficoltà a coprire il pavimento. Eppure alcune delle sue pipe hanno forme così particolari che sembrano colte direttamente in giardino, in uno dei vasi di fiori che circonda la piscina. Altre sembrano essere state strappate al vento mentre litigava col fuoco. Altre ancora danno la sensazione del lento scorrere del tempo che si è condensato in un blocchetto di legno. Un tale contrasto con il processo creativo e la quotidianità di Axel che se non fosse per i baffi che si arricciano alle estremità e che ogni tanto, quando ha le mani libere dalla pipa, si attorciglia con pollice e indice, verrebbe da pensare che è quasi impossibile che lui e le sue pipe siano fatti della stessa pasta. Aveva già visto tutto Rainer Barbi, il suo mentore, la persona senza la quale Axel, a detta sua, non sarebbe nemmeno la metà del pipe maker che è diventato.
E forse un po’ dell’impronta del maestro la si vede anche in questo atteggiamento. Infatti anche Barbi dopo la lezione non faceva toccare nulla in laboratorio, ma mandava gli allievi a casa a mettere in pratica quello che avevano imparato. La meraviglia della scuola tedesca, dal rigore nasce la curva, dalla rigidità la morbidezza. E ovviamente Axel parla solo tedesco. Consonanti dure e aspre sono l’unico supporto alla sua mente per significare la vita e la sua arte. La rotondità dell’inglese la lascia alla figlia, che gli gestisce le pubbliche relazioni. E ai suggerimenti della radica che tra la precisione delle sue mani e del suo mondo si trasforma di continuo in nuove accoglienti sinuosità.
Un ringraziamento particolare a Axel Reichert per il contributo dato alla realizzazione di questo articolo
Milano, febbraio 2013