Il testo tradiva ambizioni letterarie ma, nel modo di argomentare, sembrava una requisitoria: c'erano metodo, pignoleria, ribrezzo, livore, disprezzo in quell'attacco frontale alla moda del momento. Furono in molti, nell'estate 1604, a discutere su quel libretto appena dato alle stampe: il tema non era inedito ma incuriosiva l'approccio; il fatto che A Counterblaste to Tobacco (una forte opposizione al tabacco) fosse uscito anonimo non destava meraviglia ma, come sempre in questi casi, si cercava l'autore. Presto corse voce che fosse persona importante: addirittura il re. Sì, proprio quello Stuart arrivato dal Nord che, sul trono da poco più d'un anno, era già scampato a due complotti e portava due diversi nomi corrispondenti ad altrettanti regni: Giacomo VI di Scozia e Giacomo I d'Inghilterra.
Figlio di Maria Stuarda, re di Scozia da quando aveva tredici mesi, aveva già conosciuto da vicino omicidi, congiure, faide, imprigionamenti nei suoi 37 anni prima del Giugno 1603 quando, succedendo alla defunta Elisabetta, era stato incoronato a Westminster. Incline a piaceri e frivolezze, poco accorto nelle spese, era però ambizioso e ansioso d'essere e apparire un buon re. Autoritario ma schivo, educato alle discipline umanistiche, governava spesso per interposta persona mandando ordini per iscritto ai suoi più stretti collaboratori. La decisione di pubblicare quel libretto che, se pure anonimo, lanciava chiari indizi sull'autore era coerente con questo suo modo d'essere: esprimersi in pubblico ma indirettamente, incidere sul costume attraverso il ragionamento, ergersi a campione di morale e difensore dei valori tradizionali inglesi. C'è chi dice che nella vita privata non fosse così rigido con il fumo, ma certamente il passaggio dalla sobria realtà scozzese alla vitalissima Londra invasa dai fumatori doveva averlo impressionato non poco.
Tutto, o quasi, era iniziato con il ritorno dei reduci da Roanoke e l'appassionata opera di proselitismo di Sir Walter Raleigh: dalla corte ai nobili, dai nobili ai ricchi commercianti, da lì a ceti meno abbienti (ma in proporzioni limitate) la moda progredì, coinvolgendo un giro crescente di persone dedite a offrire tabacco e accessori per il suo consumo. La nobile erba costava molto: arrivava da Paesi ostili all'Inghilterra, spesso di contrabbando, spesso razziata dai corsari inglesi a danno di navi spagnole e portoghesi. Le pipe erano per la maggior parte in "argilla", più precisamente una biancastra miscela di silicato d'alluminio e sabbia estratta in grandi blocchi nel Sud Ovest dell'Inghilterra e poi sottoposta a un processo di raffinazione; una cronaca narra che già nel 1573 si faceva uso di pipe, due anni dopo iniziarono a infornarle a Broseley, piccolo centro minerario e manifatturiero dello Shropshire destinato a diventare un importante polo di produzione. Altre manifatture presero il via, specie a Londra e in quasi tutte le città portuali. Pipe dal fornello molto piccolo (il tabacco era caro) modellate una a una rigorosamente a mano; solo vicino al cambio di secolo si affermarono metodi più "industriali" basati su stampi a due valve e accessori specifici per ricavare le cavità di cannello e fornello.
Questi gli aspetti tecnici, ma a impressionare era il massiccio espandersi del fumo nonostante l'esoso prezzo dell'"erba". Certo, chi una volta l'aveva provato raramente lo abbandonava, e chi non l'aveva mai provato finiva prima o poi per provare; ma c'era di più. Il tabacco era il magico emblema del Nuovo Mondo. Magnificato a lungo come potente medicinale ancor prima che si diffondesse il suo uso "ricreativo", era inevitabilmente associato al senso di avventura di chi varcava l'oceano, all'immaginata spontaneità e libertà di costumi dei "selvaggi".
I nativi americani e il tabacco divennero binomio inscindibile in tante iconografie, al fumo si associarono anticonformismo e mancanza d'inibizioni. Il fumo era dunque piacere ma anche trasgressione, ostentazione d'indipendenza in ambienti condizionati dai tanti precetti della tradizione e di religioni in perenne conflitto fra loro. Forse non è vero che a Londra, a fine Cinquecento, si fumasse proprio dappertutto, ma questa impressione emerge dai resoconti di alcuni viaggiatori. Pipe e tabacco si trovavano nelle locande, nelle taverne, nei mercati, presso gli speziali e i venditori di ogni genere. C'erano luoghi dove si poteva noleggiare una pipa, in altri si offrivano corsi per imparare a fumarla. I dati ufficiali del 1602 certificano (senza contare il contrabbando) 16.128 libbre di tabacco sbarcate nel porto di Londra. Ai tempi dell'incoronazione di Giacomo I il consumo dell'aromatica erba era talmente diffuso, specie nelle classi più abbienti e nelle città, da proporsi ormai come un aspetto centrale del costume e della cultura inglesi, rappresentato in opere letterarie e teatrali, ballate popolari, opere grafiche e pittoriche. Che potesse rivelarsi un pericolo per le nobili tradizioni contaminandole con gli usi dei "selvaggi", ma anche per la stabilità del vivere civile e la stessa autorità costituita era stato già sostenuto da più d'un commentatore: con il suo Counterblaste il re non diceva nulla di così nuovo, semplicemente s'inseriva in una discussione già in corso.
Gli Inglesi non smisero di fumare, anzi secondo alcuni la scatenata filippica di Giacomo richiamò ancor più l'attenzione sull'"orrido vizio" inducendo a provarlo anche chi fino a quel momento l'aveva ignorato. Pochi mesi dopo, in Ottobre, un decreto del re accompagnato da una nuova invettiva contro il tabacco ne aumentava del 4.000 per cento i dazi d'importazione. Un passare dalle parole ai fatti constatato lo scarso effetto del Couterblaste? Forse; ma anche un opportuno accorgimento per evitare che i prezzi scendessero troppo, ora che (il 28 Agosto 1604) la pace con la Spagna era stata siglata.
Due anni dopo Giacomo agì di nuovo (anche se involontariamente e in maniera molto indiretta) sul mercato del fumo affidando alla Virginia Company appositamente costituita il compito di riportare gli Inglesi nel Nuovo Mondo. Stavolta i coloni andarono davvero in Virginia (territorio dell'attuale Stato americano) e i primi anni furono molto duri: si fu a un passo dal replicare il fallimento di Roanoke. Poi un certo John Rolfe, procuratosi i semi del pregiato tabacco spagnolo, riuscì a farli germinare sulle rive del fiume James. Nel 1614 arrivò a Londra il primo carico di tabacco della Virginia, primo di una lunga serie, e fu questa la soluzione di tanti problemi: solo grazie alla magica erba si salvò (e dalla sua coltivazione dipendeva) l'espansione inglese nel Nuovo Mondo. Come poteva il re d'Inghilterra ignorare le esigenze coloniali della Corona o credere che l'uso del tabacco potesse ancora essere sradicato? Col nuovo evolversi dei prezzi l'abitudine al fumo interessava ormai tutti i ceti, il relativo giro d'affari era aumentato, Londra e dintorni pullulavano di rivendite di tabacco e di fabbricanti di pipe mentre le casse del regno e quelle personali di Giacomo languivano: andava colto il lato positivo della situazione. Dal 1614 l'importazione di tabacco divenne monopolio reale da dare in concessione a prezzi adeguati; con decreto del 1619 il re riconobbe ufficialmente la corporazione dei "Tobacco-pipe Makers of Westminster in the County of Middlesex" conferendole (dietro corresponsione di una tassa) il monopolio sulla fornitura dell'argilla per pipe. Nell'edizione 1616 delle opere del sovrano apparve il Counterblaste: vi fosse stato ancora qualche dubbio, finalmente l'autore si palesava; ma la sua battaglia contro il tabacco era perduta. Così intransigente, così convinto dell'investitura divina dei re, aveva dovuto adeguarsi a una società più evoluta di lui nella quale le pragmatiche esigenze dei mercanti e le legittime aspettative dei cittadini avevano reso obsoleta l'idea stessa di potere assoluto.
Morto Giacomo nel 1625, gli inglesi continuarono con il tabacco e le pipe arrivando anche a eccessi, se è vero che (lo afferma un viaggiatore francese del 1640) nemmeno ai bambini si negava una buona fumata; anche le polemiche pro e contro andarono avanti; ma col passare degli anni il fumo rientrò sempre più nella routine perdendo quella connotazione esotica ed esoterica, quell'idea di trasgressione da cui era partito. Anche le pipe, non più misteriosi arnesi ma semplici oggetti personali, s'integrarono nell'ambiente. Il fumo, i suoi strumenti e accessori si avviavano a essere accettati come cosa normale perlomeno in Inghilterra, culla delle pipe. E già si diffondevano in altre parti d'Europa.