Narra un cartografo e navigatore di Dieppe: "Ieri ho ritrovato una vecchia conoscenza, un marinaio che non vedevo da anni; mentre gustavamo insieme un buon vino di Bretagna a un certo punto lui estrae qualcosa dalla borsa..." Il marinaio ha tirato fuori la sua pipa d'argilla con il cannello dritto e lungo; ma l'altro, che non ha mai visto nulla di simile, la scambia per "un calamaio e un lungo calamo". Quando il marinaio carica il fornello, lo accende con l'acciarino e si mette a "soffiare fumo dalla bocca" figurarsi la meraviglia del cartografo e navigatore di Dieppe! All'epoca dei fatti, 1525, le pipe erano in Europa un'assoluta novità mentre calami e calamai li conoscevano tutti, anche coloro che non li usavano. Così, complice una fortuita assonanza di forme, una cronaca del Cinquecento segna un momentaneo punto d'incontro fra due categorie d'arnesi, due diverse pratiche, due mondi che ben poco hanno in comune; o almeno sembrerebbe. Eppure, fra le storie della scrittura e del fumo, non poche sono le occasioni di raffronto.
La penna, l'inchiostro, il supporto su cui scrivere, i contenuti della scrittura, le emozioni di chi scrive e di chi legge sono un tutt'uno; nello stesso modo c'è una connessione stretta fra il tabacco, la sua coltivazione e cura, la pipa, le fasi della sua fabbricazione, i rituali e le sensazioni del fumatore. Le cose che l'Uomo fa e gli oggetti che gli servono a fare quelle cose viaggiano appaiati e reciprocamente s'influenzano fin dall'inizio, dal mitico e spesso indefinito attimo dell'"invenzione". Basta un caso fortuito, a volte un errore ed esordisce una pratica, un modo d'essere, di agire, d'esprimersi, di risolvere piccoli o grandi problemi. Per mesi, o anni, o secoli, o millenni quella pratica va avanti. A volte si estingue, a volte si precisa e si diffonde fino a diventare "necessaria", e di conseguenza anche gli oggetti ad essa legati si scoprono "necessari" assumendo forme soggette sì a variazioni ma sempre più definite e riconoscibili. Oggetti e pratiche che in origine sono per pochi, simbolo di potenza e privilegio, poi divengono via via normali e a disposizione di tutti.
Se scorriamo anche velocemente la storia della scrittura vediamo stili pennelli calami pennini stilografiche, creta papiro pergamena carta inchiostri materiali naturali materie plastiche, scribi sacerdoti amanuensi commercianti contabili politici letterati arrotini copywriter, persone normali; scorrendo quella del fumo vediamo fuochi da cerimonia cannucce calumet pipe, pietra creta porcellana schiuma di mare radica , stregoni sciamani sacerdoti esploratori navigatori monarchi pirati marinai commercianti politici letterati pasticceri, gente normale. Due storie parallele, simili a quelle di altri oggetti ma non di tutti gli oggetti: ad accomunare fumo e scrittura sono le lontanissime origini, l'alone di leggenda che le circonda, alcuni aspetti dell'evoluzione, la grande portata socioeconomica, il valore simbolico ed emozionale, la complessa funzione - dapprima "pubblica" e poi sempre più legata all'esistenza dei singoli utilizzatori - degli oggetti a esse legati.
Presso alcune tribù stanziali del Nord America, quando arrivò Colombo, probabilmente le pipe d'argilla erano già adibite anche a usi privati; prevalevano però, per il fumo, quelli pubblici e cerimoniali. Fu il viaggio, il cambio di continente a ribaltare tutto mettendo in primo piano la pipa e il fumatore di pipa; ma se pensiamo al controverso valore sociale di quella nuova moda nella Londra del Seicento, se facciamo caso a quante occasioni di "fumare insieme" si individuano nel corso delle diverse epoche, dovremmo concludere che un aspetto pubblico e a suo modo cerimoniale della fumata è giunto fino a noi. Ai tempi di Shakespeare la scrittura di tipo privato era già moderatamente diffusa; oggi è estesa quasi a tutti ma quella pubblica, ufficiale, cerimoniale non dà certo segni di stanchezza.
C'è poi un altro aspetto che non va trascurato, anzi è il più importante: il rapporto che s'instaura fra l'oggetto (pipa o penna che sia) e chi lo usa. Sembrerebbe farsi più stretto man mano che dallo strumento di lavoro si passa a quello più propriamente personale; ma non è del tutto così, specie quando lo strumento da lavoro è anche e profondamente personale. Prendiamo la pipa dello stregone, dello sciamano, il tubo del sacerdote Maya come pure il pennellino di papiro sfrangiato che lo scriba egizio costruiva con le sue stesse mani o la penna d'oca ben tagliata dell'amanuense: classici ferri del mestiere e insieme strumenti d'affezione con i quali indentificarsi. Il possesso è discriminante, anche perché il più delle volte presuppone una scelta: nessuno s'affezionava alle anonime pipe di gesso distribuite agli avventori nelle osterie londinesi del Seicento e nemmeno alle penne d'oca tutte uguali usate negli uffici del primo Ottocento. E' comunque vero che il rapporto col proprietario s'intensificò man mano che l'oggetto diventava un suo bene esclusivo che egli usava (anche) a scopi, in momenti, riservati a se stesso. Questo già quasi del tutto accadeva per le pipe, nella Londra del Seicento. Ancora a lungo, invece, le penne ebbero un ruolo prevalentemente professionale: solo un po' per volta (anche se esempi ci sono già in età classica) se ne ampliò l'uso anche in ambito privato.
Poi a sconvolgere il mondo, avvicinando penne e pipe alla modernità, arrivò la Rivoluzione Industriale. Nuovi materiali, nuove lavorazioni, nuovi numeri e mercati, nuove concezioni di vita, come sempre ma con maggiore intensità rispetto alle epoche precedenti, influirono sugli oggetti d'uso e da essi furono a loro volta influenzati. Il rapporto oggetto - utilizzatore iniziò a farsi più stretto, più simile a quello che viviamo oggi.
In branchi sempre più numerosi le "oche da penna" affollavano le campagne di mezza Europa, eppure la vecchia penna d'oca appariva ormai obsoleta: fra Sette e Ottocento furono in molti a cercare nuove soluzioni. Tentativi d'ogni genere per arrivare poi a qualcosa di relativamente semplice: pennini intercambiabili in lamina metallica lavorata a pressa, da applicare ad apposite cannucce. Per primo li fece fabbricare a Birmingham, era il 1830, James Perry. A quell'epoca il Giura francese era all'avanguardia nel tornire il legno. Fra i tanti oggetti prodotti a Saint Claude, il capoluogo, c'erano da almeno trent'anni pipe o parti di pipa. Raramente si facevano i fornelli: il legno dava scarsi risultati. Si preferiva importare quelli tedeschi in ceramica ai quali applicare cannelli locali lavorati al tornio; ma quando nel 1854 si seppe della radica e delle sue impagabili caratteristiche ci volle poco a importarla e a farne ottime pipe: i macchinari e i segreti del mestiere erano già sul posto. Attorno al 1862, con una nuova macchina a pantografo tridimensionale, si fabbricarono partendo da un modello 14 pipe in un colpo solo: era l'industrializzazione. In America, intanto, ingegnosi inventori cercavano la via (impervia) per una penna che avesse al suo interno anche il calamaio: fra i tanti brevetti il più innovativo e convincente, quello che utilizzava la soluzione più semplice, fu depositato nel 1884 da Lewis Edson Waterman. Così, a fine Ottocento, fumo e scrittura registravano un salto di qualità, camminando appaiati in condizioni abbastanza simili pur nella diversità delle loro funzioni.
Presto si capì che la pipa in radica, che la stilografica erano nei rispettivi campi la soluzione da tempo aspettata: gli oggetti da desiderare. Nei primi decenni la concorrenza fra produttori si giocò soprattutto sulle migliorie tecniche, senza trascurare il fatto estetico. Nelle trincee della Grande Guerra chi fumava la pipa, chi brandiva una stilografica indusse desideri in coloro che ne erano privi: fu il lancio definitivo di entrambi gli oggetti i quali, con la pace, si videro proiettati nella nascente società dei consumi vivendo una lunga età dell'oro fatta di continui miglioramenti nei materiali, nel funzionamento, nella fascinazione delle forme e dei colori. L'industria offriva pipe in radica e stilografiche per tutti i gusti e tutte le tasche, ma non c'erano alternative per chi voleva fumare o scrivere davvero bene e senza problemi. Poi il quadro improvvisamente cambiò: nel secondo dopoguerra le sigarette col filtro, prima poco diffuse, s'imposero di prepotenza; nei primi anni Cinquanta arrivò la BIC, penna a sfera a poco prezzo e finalmente funzionante dopo le delusioni di tanti precedenti modelli. Ora le alternative esistevano, e i tempi lavoravano per loro.
Tempi pratici e veloci, tempi di cambiamento, di "usa e getta". Quale intenso rapporto si poteva instaurare con una sigaretta, con una BIC? Eppure tanti correvano a procurarsele. Le prime a entrare in crisi furono le stilografiche; le pipe di qualità si salvarono ancora fino agli anni Settanta, proprio quando le stilografiche rialzavano la testa. Poi anche per esse la crisi, dalla quale sono uscite appena una decina d'anni fa.
Oggi la pipa e la stilografica sono di nuovo in forma: superata l'ubriacatura del “nuovo”, annoiata dalla banalità dell'usa e getta, la parte più sensibile del pubblico è tornata a cercare oggetti più complessi nei quali identificarsi, coi quali vivere esperienze, provare sensazioni più ricche. Accessori da indossare, elementi importanti della propria immagine e insieme compagni di emozioni, catalizzatori di sensazioni e moltiplicatori di sensi. Dei cinque sensi:
Il tatto, importante per lo scrivere: la penna si afferra, si dirige, fa da "sismografo" trasmettendo idee di regolarità o rugosità del foglio. Ma anche maneggiare una pipa risveglia sensazioni tattili, l'arte del caricare è tutt'uno con la sensibilità delle nostre dita, immergerle nel nostro tabacco preferito è una sensazione impagabile. La vista: per la scrittura e la lettura è strettamente necessaria, per il fumo è legata alla bellezza del nostro strumento, al mix di colori del tabacco, al sottile fascino della nuvoletta che sale. L'udito: partecipa solo impercettibilmente alla scrittura ma, se si usa una stilografica, le vibrazioni del pennino o l'impercettibile clic del cappuccio che si serra fanno da musica di fondo; anche la pipa produce lievi suoni nel silenzio, quando si fuma e quando la si pulisce. L'odorato e il gusto: fondamentali per il fumo. Meno evidenti per la scrittura, ma chi usa il pennino apprezza l'odore inconfondibile dell'inchiostro; solo chi ha la cattiva abitudine di sgranocchiare la penna saprà dirvi di che cosa sa.
E ora, dite voi: quali sensazioni, quali emozioni si provano con una sigaretta, con una penna a sfera?
Stile
Dunhill Bruyere 5134
Omas Arte Italiana Art Dèco Collection - Un puro omaggio ai favolosi anni '30, la decade che maggiormente ha segnato la storia di Omas.
Innovazione
Al Pascià Curvy - Sistema Calabash Reverse
Pilot Capless - Nel 1964, la Pilot, per celebrare i giochi Olimpici di Tokyo presentò molte novità. Tra queste, la rivoluzionaria stilografica a scatto Pilot Capless.
Design
Porsch Design P'3613
Aurora Hastil - Disegnata da Zanuso negli anni '70 ed esposta nel Museo di Arte Moderna di New York.
Un ringraziamento speciale a:
Stilografiche Brunori
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