La porta apre e chiude spazi, unisce e suddivide gli ambienti, dà sicurezza e protegge, ma allo stesso tempo permette di accedere e di entrare. La porta rappresenta sia la separazione che la comunicazione tra due ambiti. Ci sono porte reali, come quelle delle case, dei palazzi, delle città, ma anche porte concettuali, come quelle che si aprono sul mondo, sul futuro, sugli altri. “Varcare una soglia” sia nella cultura Occidentale che Orientale ha inoltre il significato di ricongiungersi a un altro mondo. La storia di oggi è una storia che in qualche modo parla di porte, porte vere che si aprono per accogliere e porte metaforiche che si aprono per far uscire o si chiudono per trattenere. E sono le porte sulle quali si è affacciato l’universo di Leo Borgart.
Il viaggio di Cosimo e Leonardo era cominciato da qualche giorno. Si alternavano alla guida, quando uno era stanco l’altro gli dava il cambio. Migliaia di chilometri per andare a incontrare degli artigiani selezionati sulla base dell’elenco che il l’Istituto per il Commercio Estero (ICE) aveva spedito loro via fax. Prima tappa la Germania e poi su, verso la Danimarca. Lo hanno battezzato BriarTour, un viaggio alla scoperta di pipe makers dai quali andavano di persona a bussare alla porta, prima che internet permettesse di aprire comodamente da casa su chiunque una finestra, accorciando le distanze e i tempi. Ma allora di tempo ce n’era, era tutto all’inizio per certi versi.
E così un giorno di settembre del 1989, l’aria era frizzante e si poteva già respirare un accenno di autunno, parcheggiata la macchina che in casi eccezionali aveva fatto loro anche da albergo, eccoli davanti al campanello dell’ultimo pipe maker della giornata: Leo Borgart. Il loro arrivo era stato preceduto da una telefonata, non si capita in casa della gente senza avvisare, questo mai. Però, come ogni volta in cui stavano per andare a conoscerne uno nuovo, l’emozione era grande e la domanda sempre la stessa: ci piaceremo? Sì, perché prima di rappresentare un’opportunità commerciale per questi artigiani, Cosimo e Leonardo erano due persone che condividevano con loro la stessa grande passione per la pipa. E se un rapporto ci deve essere, deve essere in primis umano. Di porte ne avevano già aperte parecchie in quel BriarTour, ma nessuna come questa, poiché ancora non immaginavano il grande significato che avrebbe avuto per chi stava dall’altra parte l’aprirla. E dall’altra parte c’era Leo Borgart, poliziotto danese, bel fisico, bello sguardo dietro agli occhiali, bei baffi e qualche sogno da realizzare.
Driiiin. Appena sentito il campanello Leo tutto aveva immaginato fuorchè fosse il suo destino. Così con la solita leggerezza, aveva posato la pipa nel posacenere, si era alzato dal divano ed era andato ad aprire, non sapendo che davanti a lui c’era la porta che lo avrebbe condotto all’incontro con quanto di più intimo avesse mai visto. Se stesso. Tutti abbiamo una stanza segreta nella nostra mente nella quale ci rifugiamo per rigenerarci. Una stanza dove tutte le nostre abilità sono chiare, disponibili e pronte a rassicurarci. Ebbene, quella di Borgart era stata chiusa per molto tempo. La vita che conduceva come rappresentante delle forze dell’ordine lo aveva allontanato dal suo grande amore per il legno e così, pur dilettandosi nell’intagliare radica per farci delle pipe, non aveva mai riflettuto sulla possibilità di farlo diventare un vero e proprio lavoro. Quello che riusciva a realizzare una volta tolta la divisa lo esponeva nel negozio della moglie, ma nulla più. Però non si può parlare di creazione se non c’è condivisione, perché solo la condivisione dà significato a ciò che si è fatto. E così, quando davanti ai suoi occhi si presentarono quelli che a chiunque sarebbero sembrati solo due uomini d’affari milanesi, si rese conto che in realtà erano la chiave per riaprire finalmente la sua stanza segreta e rimetterlo in contatto con la sua anima creativa. Colto alla sprovvista da quello squarcio che si aprì sulla sua esistenza, l’unica reazione che ebbe fu quella di richiudere la porta in faccia ai due sconosciuti, che dopo un attimo di smarrimento, tenaci, ci riprovarono.
Driiiin. Qualche minuto ancora e questa volta davanti a loro si sarebbe presentato un uomo con lo sguardo umido di commozione, intento nell’asciugarsi qualche lacrima che aveva avuto l’ardire di scendere sulle guance di quella corazza nordica di un metro e novanta. Li accolse disarmato, come di chi sa che non c’è più scampo ormai e deve fare i conti con la sua energia creatrice una volta per tutte. Così cominciò a raccontarsi. Aveva iniziato a fare pipe da autodidatta, semplicemente osservando, quando ancora non era possibile farsi inquinare l’estro dal web. Suo padre era un fumatore, lui pure. In fondo conosceva da vicino l’argomento. Le forme gli arrivavano in testa limpide, comprese di contaminazioni cromatiche. Gli piaceva mescolare linee innovative e colori con la tradizione di certi materiali, come il bosso o addirittura una noce sudamericana che pare fosse usata come pegno d’amore tra fidanzati. Non appena Cosimo e Leonardo videro le sue creazioni capirono di essere di fronte a qualcosa di grande e senza esitare le acquistarono tutte, chiedendogli di poter essere commercialmente i suoi esclusivisti.
Fu l’inizio di un bellissimo rapporto, personale e professionale. Se qualcuno ti mette in contatto col tuo destino deve avere un posto importante nella tua vita, così se sei stato colui che ha permesso si scatenasse il tuo universo, hai la responsabilità di quanto hai fatto. Grazie a quell’incontro, non solo Leo riuscì a lasciare la polizia e a dedicarsi a tempo pieno alle pipe, ma riuscì anche a realizzare un sogno che da tempo giaceva in un cassetto della sua stanza segreta, cioè avere una casa in campagna. Acquistò infatti con la moglie una vecchia fattoria sull’isola di Lolland e per rendere omaggio a quella porta che un giorno d’autunno si era aperta realmente e metaforicamente sul suo mondo e l’aveva condotto fin lì, decise di aprire le porte ad altri artigiani. Creò infatti all’interno di questa grande casa uno spazio dedicato alla creatività chiamato “pipegarden”, una bottega di giovani dove i progetti prendevano vita grazie alla condivisione e alla partecipazione. L’Italia divenne meta di viaggi frequenti per selezionare la radica, ma anche per farsi delle vacanze in compagnia della figlia, tappa obbligata per amicizia non solo per affari, Milano. La sua manualità attinse per anni alla vena d’oro della sua personale miniera, regalando al mondo del fumo lento pezzi d’arte e di futuro, finchè un giorno, con la stessa imprevedibilità con la quale si era aperta quella porta per far uscire il suo genio, purtroppo se ne chiuse un’altra. Per sempre.
Milano, marzo 2013