Trentadue chilometri, circa diciassette miglia nautiche: tanto ci vuole da Dover al continente europeo. Risalendo poi verso Nord ci s'inoltra dopo poco in un paesaggio piatto, basso e ricco d'acque. Lì, nei primi decenni del Seicento, qualcuno iniziò la coltivazione del tabacco; ma non era olandese. La relativa vicinanza e diverse vicende avevano portato molti Inglesi in quei luoghi da quando Elisabetta, per appoggiare la Repubblica delle Sette Province Unite contro Filippo II di Spagna, aveva inviato (1585) denaro e circa seimila armati. Con l'avvento di Giacomo I altri passarono la Manica: il clima di tolleranza religiosa regnante nelle Province attirò i Puritani, frangia dissidente dell'Anglicanesimo, e pure i fedeli di altre confessioni; la gran vivacità commerciale di quei porti convinse chi cercava nuove opportunità, specie chi aveva interessi nel campo di una certa merce malvista dal re. Nei primi decenni del Seicento si strinsero importanti legami commerciali fra Londra e le Province, le quali iniziarono a rivaleggiare con gli Inglesi nei traffici marittimi: anche in quelli con il Nuovo Mondo. In particolare nell'importazione, lavorazione, commercio, esportazione del tabacco. A far conoscere da quelle parti l'aromatica pianta erano stati forse alcuni studenti inglesi e francesi che, all'Università di Leida, già fumavano attorno al 1590. Altri attribuiscono la "colpa", anzi il merito, alle truppe spagnole. Certo è che ai tempi del Counterblaste to tobacco il tabacco era già noto ad Amsterdam e dintorni e, man mano che arrivavano nuovi Inglesi, non pochi di essi promuovevano iniziative per diffonderlo ulteriormente. Anche rendendo disponibili gli arnesi per fumarlo.
A inizio Seicento, fra i militari inglesi di stanza nelle Province, alcuni erano capaci di fabbricare pipe: quando nel 1609 fu firmata una tregua con gli Spagnoli, questi artigiani rimasti senza guerra pensarono di riprendere il mestiere investendovi i soldi guadagnati con le armi. Lo stesso fecero alcuni dei rifugiati: fu così che diverse città olandesi videro una prima fioritura di pipemakers: William Boseman iniziò ad Amsterdam nel 1607, prima ancora della tregua; nel 1617 fu la volta di William Baernelts, partigiano della dinastia Tudor in cerca di una nuova vita. Per impiantare la sua manifattura scelse il paese di Gouda, a Nord Est di Rotterdam e non distante da Delft: laggiù le ceramiche erano di casa. Se i documenti non ingannano, quella impiantata dall'esule inglese fu la prima manifattura di pipe a Gouda; ogni esemplare che usciva da quei forni recava impresso il segno araldico di una rosa particolare, quella dei Tudor. Una leggenda suppone che Baernelts non si chiamasse davvero così: che non fosse in realtà una persona qualsiasi ma un uomo di spettacolo, un autore che in patria s'era finto morto per sfuggire alla moglie e all'insistenza dei creditori. Il cognome vero, assicura la leggenda, era "Shakespeare".
Già negli anni Trenta del Seicento c'erano tanti pipemakers in Olanda quanti ce n'erano in Inghilterra. Le pipe di Gouda e di altre località erano già esportate, oltre che nei Paesi limitrofi, in Norvegia, Prussia, Russia, Indie Orientali e Nuovo Mondo. Tutto grazie a un certo numero di Inglesi; ma che facevano gli Olandesi? Sulle prime c'era stato un tacito accordo: i ceramisti del posto provvedevano alla cottura, gli stranieri ci mettevano il mestiere di pipemaker. Stavano bene attenti, gli Inglesi, a tenersi i loro segreti: anche gli apprendisti li sceglievano fra i figli dei connazionali; ma gli Olandesi impararono lo stesso. Abbastanza velocemente giunsero a controllare tutto il ciclo e pensarono bene di presentare il conto: nel 1641 il Consiglio cittadino ricevette la richiesta di riconoscere una gilda riservata alla gente del posto. Non se ne fece nulla anche perché gli inglesi avevano sposato donne di Gouda; ma si stabilì che da allora venisse impresso su tutte le pipe il marchio del produttore. Solo nel 1660 s'arrivò alla gilda, che però accolse tutti senza distinzioni di nazionalità: nel 1648, con la pace di Vestfalia, le Sette Province Unite avevano finalmente ottenuto l'indipendenza, intanto gli Inglesi delle Province s'erano talmente radicati da potersi ormai considerare Olandesi.
Dunque, varcata la Manica senza troppo strepito, l'armata delle pipe aveva stabilito in Olanda una saldissima testa di ponte per poi dilagare nel resto d'Europa? Potremmo affermarlo, semplificando; ma il tema è più complesso e ancora pieno di punti oscuri. A far chiarezza non bastano i documenti cartacei. Devono intervenire gli archeologi, che da tempo catalogano gli innumerevoli frammenti di pipa trovati sottoterra in tante parti d'Europa. Vanno pazzi per le pipe d'argilla: basandosi sulle fogge, sui marchi e altri elementi sono ormai in grado di datarle e di individuarne l'origine con una certa precisione; ma la loro gioia più grande è quando trovano i resti dell'antico laboratorio di un pipemaker. Scavo dopo scavo, rapportandosi anche alle fonti su carta, riescono a illuminare meglio una vicenda ricca di sorprese: ne emerge un mosaico non semplice e mai definitivo, aperto a sempre nuovi inserimenti e riposizionamenti.
Sorprendente è una domanda che gli archeologi si sono posti: visto che il materiale argilloso utilizzato per le pipe (molto simile tra l'altro a quello di base della porcellana) era pochissimo usato, prima delle pipe, dai ceramisti inglesi; visto che nessuno di essi, prima, aveva mai usato stampi a due valve; visto che i loro forni per vasi e stoviglie erano molto meno avanzati di quelli sviluppati poi quasi subito dai pipemakers; constatato quanto sopra, com'è che quasi di colpo fra Cinque e Seicento arrivano tutte insieme queste novità al servizio della pipa? La possibile risposta prende lo spunto dal ponderoso trattato sull'arte della ceramica scritto attorno al 1557 dall'italiano Cipriano Piccolpasso. Vi si descrivono forni di cottura stranamente simili a quelli poi usati per le pipe, oltre a tecniche di preparazione dell'argilla che sembrano copiate da quelle che i pipemakers avrebbero poi usato tanti anni dopo. Vi si dice inoltre che (probabilmente a inizio Cinquecento) fu proprio un italiano, Guido di Savinio, a introdurre ad Anversa la lavorazione della maiolica.
E le forme a due valve? Per ritrovarle dobbiamo cercare nell'Europa Nord Occidentale, dove a partire dal Trecento era fiorente la produzione di statuette devozionali in terracotta. Con la Riforma la richiesta era calata, così quegli artefici dovettero passare a figurine di animali, ai giocattoli... E alle pipe. Nell'Europa di quei tempi c'era una discreta circolazione di artigiani. Non si sanno i dettagli, ma in qualche modo le forme a due valve arrivarono fino a Londra, forse insieme a due ceramisti venuti da Anversa nell'anno 1570. E da quelle parti trovarono un materiale chiaro e particolarmente plastico: l'ideale per l'utilizzo di quella tecnologia.
Tornando alle pipe, vale la pena di mettere in fila le date (molto approssimate) dei primi insediamenti di manifatture in alcuni Paesi: possiamo indicare il 1622 per la Scozia, il 1630 per l'Irlanda mentre per la Baviera si parla addirittura del primo Seicento. In alcuni altri Stati tedeschi si sarebbero fabbricate pipe a partire da circa il 1620; in una data simile si possono collocare i primi pipemakers di Chioggia, vicino a Venezia. Per le Fiandre, la parte dei Paesi Bassi rimasta fedele alla Spagna ma vicina a Gouda, torniamo più indietro: già ai primi del Seicento. In Svezia nel 1660, in Austria nel 1690, per la Francia la data dovrebbe cadere negli ultimi decenni del Seicento. Date che non dicono molto se non nel loro insieme: in un centinaio d'anni i pipemakers s'erano insediati in molte parti d'Europa.
Quasi sempre il tabacco arrivava prima, assieme a pipe d'importazione; ma poi, in tanti luoghi, proveniente da un Paese limitrofo o da più lontano, capitava che giungesse un esperto artigiano, forse col suo corredo di forme, a impiantare l'attività: meglio se lì esistevano già forni da vasaio, se nelle vicinanze c'era la giusta materia prima che altrimenti era giocoforza importare. Dopo che la manifattura s'era affermata, le pipe così prodotte erano capaci di girare a loro volta l'Europa facendo concorrenza a quelle di altri Paesi. Quando quelle di Gouda assursero a fama internazionale ci fu chi in Germania le imitava piuttosto bene vendendole poi in giro come fossero originali. Ma le pipe e il tabacco, più che i commercianti o i fabbricanti, furono i soldati a diffonderli.
Nel 1618, in Boemia, iniziava la Guerra dei Trent'anni: un conflitto, tanti conflitti che in diverse fasi si sarebbero estesi a quasi tutto il continente europeo. Trent'anni di battaglie, di lunghi trasferimenti di soldati. Soldati che poi tornavano a casa e dopo qualche tempo ripartivano per la guerra. Soldati che fumavano la pipa se già la conoscevano; o imparavano a fumarla vedendo gli altri; che tornando a casa portavano anche lì la nuova abitudine. A detta degli archeologi i luoghi europei dove si fabbricarono pipe d'argilla sono davvero tanti; ma molti di più sono quelli dove s'iniziò a fumare. Con intensità diverse da Paese a Paese, da città a città, con zone ancora da raggiungere di lì a poco, tenendo anche presente che non sempre il tabacco si fumava (in Francia si preferiva fiutarlo) e che alcuni (specie in Spagna e Portogallo) preferivano gustarne il fumo sotto forma di qualcosa che evolveva verso la forma odierna del sigaro.
Il diffondersi della pipa e del tabacco portò a reazioni d'ogni genere da parte delle Autorità: spesso divieti anche molto drastici ma mai troppo efficaci, seguiti invariabilmente da altri provvedimenti di tipo fiscale volti a trarre perlomeno ritorni finanziari da un'invasione che non si riusciva a fermare. Re Giacomo era stato solo il primo.