Quanto giallo può contenere la vita di una persona? Arles in Provenza è certamente il luogo dove si può fare il pieno di giallo. Il giallo è luce, energia, vitalità. Il giallo ricarica, scalda, sprona. Ma non solo purtroppo. Il giallo aizza, acceca, punge. Vincent col giallo ha un rapporto viscerale. È un bisogno che gli ha lasciato la penombra del nord Europa dov’è nato. Qui, nel sud della Francia dove il fratello Theo l’ha spedito per ritrovare un po’ di pace, i colori sono tutti arroganti, primo fra tutti proprio il giallo. Il giallo delle giornate assolate a dipingere en plen air, il giallo dei girasoli perennemente insoddisfatti sulle numerose tele nelle quali sono stati ritratti, il giallo persino della notte, quello della luna e delle stelle che avvolgono il cielo e i cipressi in un abbraccio soffocante. E poi il giallo della casa gialla che si affaccia su piazza Lamartine dove da alcuni giorni Vincent ha un ospite. Un ospite che del giallo non ha riconosciuto subito la potenza. Lui è Paul Gauguin. Nella sua stanza da letto Vincent ha voluto appendere alle pareti i suoi girasoli, omaggio al colore che più lo rappresenta e col quale sta cercando una riconciliazione. Forse una richiesta d’aiuto la sua o forse solo un monito: col giallo non si scherza.
“È come avere un gran fuoco nella propria anima e nessuno viene mai a scaldarvisi, e i passanti non scorgono che un po’ di fumo, in alto, fuori del camino e poi se ne vanno per la loro strada.”
Nessuno capisce Vincent. Non lo capisce la gente che non compra i suoi quadri, non lo capisce il fratello Theo per quanto lo supporti economicamente e psicologicamente, non lo capiscono le prostitute del bordello che frequenta anche se condividono con lui quel po’ di disperazione per l’esistenza.
E non lo ha capito l’amico Gauguin quando un giorno ha deciso di ritrarlo intento nel dare corpo e vita ai suoi girasoli, sottovalutando la scintilla che avrebbe innescato, complice il giallo. È stato un istante.
La giornata era trascorsa fra i pennelli e il sole. Il pittore olandese aveva appena lasciato cadere il suo cappello di paglia a terra, si era sdraiato a letto e si era acceso la sua pipa, riflettendo su quanto scritto all’amico Bernard la sera prima “I quadri più belli sono quelli che si sognano fumando la pipa a letto, ma che non si fanno.” Uno sguardo veloce intorno e poi buio, o quasi, per qualche minuto. Abbassare le palpebre, anche se rimaneva comunque di fondo quel chiarore invadente, era un modo per riposarsi dall’esposizione eccessiva al giallo e a se stesso. Finché una voce non lo ha distolto. Era l’amico che lo invita a guardarsi nella sua tela, la tela che avrebbe acceso la tragedia.
Un rumore fu quanto risuonò dentro a Van Gogh nel posare lo sguardo su quel Vincent. Un’immagine assordante. E così, sordo a ogni richiamo della ragione, Vincent seguì il richiamo del suo demone che gli chiedeva un sacrifico per cercare di salvarsi. Prese un rasoio e si tagliò un orecchio. Chiuse di nuovo gli occhi e vide ancora giallo. Quanta prepotenza. Come liberarsi di tanta luce? Quanto giallo doveva ancora subire la sua anima prima di trovare finalmente un po’ d’ombra? Uscì come un pazzo di casa dopo aver avvolto il pezzo d’orecchio in uno straccio e si diresse al bordello. Lì la sua sofferenza poteva essere in parte compresa. Furono le prostitute a chiamare la polizia che l’indomani circondò la casa gialla e salvò il pittore. La sua follia ora era conclamata. Qualcuno dà la colpa alla polvere di piombo contenuta nei colori, qualcuno all’eccesso di nicotina e alcol coi quali Van Gogh cercava di tenersi su, qualcuno addirittura ai colpi di sole e al vento della Provenza. La vera motivazione, semmai se ne deve per forza trovare una, può essere stata quel giallo di cui si è nutrito avidamente cuore, spirito e cervello che una personalità così sensibile ha finito per bruciare.
Il 27 luglio del 1889 Vincent Van Gogh va in un campo e si spara al petto, ferendosi gravemente. Morirà due giorni dopo, assistito solo dal fratello Theo. Ultimi confortanti oggetti prima di lasciare questo mondo, la sua pipa, fumata fino all’ultimo, sdraiato, come sempre. Poi il buio, quello vero questa volta. Finalmente un po’ di riposo per quegli occhi e quell’anima saturi di giallo.