La polvere azzurra del gessetto ha appena lasciato un velo chiaro sul pavimento. Lenta e silenziosa è caduta a terra dopo aver fatto il suo dovere. Il cuoio all’estremità della stecca ora è pronto al suo destino. Roman ama questo momento, quello della preparazione, di prima di chinarsi al tavolo per colpire, quando le biglie sono ancora immobili e i giocatori innocenti. Ogni volta che il suo sguardo si abbassa al livello del tappeto verde e il puntale di legno gli scorre tra le dita per prendere la mira, si ricorda che quello non è solo un gioco, ma una scuola di vita. In fondo il biliardo lo rappresenta, al di là del fatto che abbia conosciuto la moglie proprio mentre ci giocava. In ogni nuova sfida che ha voluto intraprendere, si è sempre trovato come davanti alla palla bianca prima di rompere il triangolo formato da quelle rosse. L’obiettivo è sempre stato molto chiaro: andare in buca. Il percorso fatto per raggiungerlo però, esattamente come nel biliardo, è stato costellato di variabili, alcune controllabili altre meno, di abilità innate e molte apprese, di giochi di sponda e nuove collocazioni da valutare di volta in volta con fermezza. Sempre però con lo stesso fine: andare in buca. Così è stato quando ha deciso di diventare neurologo infantile. Ci vuole precisione, coraggio e sangue freddo per maneggiare del materiale così delicato come i bambini. Eppure Roman ce l’ha sempre fatta, conscio delle proprie capacità e del fatto che una forte determinazione genera l’evento. E lui in fatto di determinazione non è mai rimasto indietro. È successo quando insoddisfatto del caffè che si beveva nei locali della sua città, lui grande amante del caffè, ha deciso di prendere in mano la situazione, finendo per fare scuola ed essere un punto di riferimento e rifornimento per i baristi, inventandosi persino un brand: il “coffeejazz”. Lo stesso quando ha avuto l’hobby delle corse in auto e alla sera andava nell’officina del suo team per assemblare la macchina come più gli piaceva, sempre e solo per ottenere il massimo del risultato. Perché in una cosa Roman crede fermamente, nella concatenazione degli eventi. Non c’è effetto senza causa e una volta che si conosce e padroneggia quest’ultima, si può benissimo indirizzare il primo.
In questo momento Roman ha appena riposizionato i suoi piedi a terra, vuole essere sicuro che non ci siano dei sassolini sotto alle scarpe. Il momento del primo tiro è decisivo, vuole essere fermo. La mano d’appoggio è già al bordo del tavolo e la stecca ha già fatto quei piccoli movimenti avanti e indietro di riscaldamento sul pollice e l’indice. È proprio lì dove sfrega il legno che una volta si è ferito nel laboratorio di papà mentre cercava di emularlo. A pensarci bene forse il suo amore per il lavoro manuale arriva da quelle prime maldestre prove. Il padre era capace di ristrutturare mobili e di modellare animaletti di ogni foggia, rendendo funzionale e bello un semplice pezzo di abete o di pino. Pur non avendo ottenuto grandi risultati a quel tempo se non delle piccole ferite, Roman è quasi certo che è stato lì che è cominciata una delle sue partite a biliardo con la vita, partita che lui ha deciso poi di continuare solo una volta diventato grande. Perché ci vuole spazio mentale e fisico per vivere tutte le passioni come le vive lui. E negli anni è stato attraversato da una passione dopo l’altra. Quella del pipemaker, dopo quei primi tiri dall’angolatura un po’ immatura fatti nella falegnameria del padre, è diventata sempre più una bella partita da giocare e da bravo giocatore, non ha mancato di farlo.
La prima pipa che Roman ha acquistato, si ferma un attimo a pensarci prima di far correre sul tavolo la palla bianca e scrivere un nuovo destino alle altre colorate, risale addirittura al 1995. Lo stesso giorno in cui si è laureato è andato in tabaccheria per comprare dei sigari, ma ha incontrato una pipa. Come capita con gli incontri del destino, da allora non l’ha mai più lasciata. La sua sete di conoscenza del principio di ogni cosa, della causa da cui tutto scaturisce, del primo fatidico tiro, lo ha portato ad approfondire anche il tema pipa. Non tanto l’oggetto in sé, troppo facile, ma la prima scintilla, quella che ha animato il suo creatore. Perché per Roman, che vuole sempre andare oltre, l’arte è la realtà mediata da un temperamento. Cosa c’è quindi di più interessante del conoscere la storia dell’artigiano che ha lavorato quella radica per ottenere quelle linee? Quando soli tre anni dopo quell’esperienza compra la sua prima Tokutomi, la voglia di conoscere il collegamento tra materia e carattere, tra intuizione creativa e biografia dell’autore è immediata. Alcune leggendarie forme di grandi pipemaker gli rimarranno sempre in testa a ricordargli quanta bellezza si cela dietro a un blocco di legno. Ora le pipe che fuma se le realizza da solo, scegliendo radica italiana e a volte legno di corbezzolo. Anche per la pipa ha fatto come per tutte le altre passioni della sua vita: è andato fino in fondo, dritto in buca. Ha studiato un suo metodo per la sabbiatura e ha selezionato materiali da accostare alla radica che lo soddisfacessero appieno. E ce l’ha fatta di nuovo. Di notte dorme poco, sarà che a San Pietroburgo le notti riservano grandi sorprese a chi le sa ascoltare, o sarà che è sintonizzato sul fuso degli amici americani. O forse semplicemente ci sono troppe cose interessanti al mondo per perdersele andando a letto.
Ora che tutto è pronto per fare il tiro d’inizio partita, Roman si chiede quale sarà la prossima passione che lo aspetta al varco. Di una cosa però è sicuro, quella per la pipa lo accompagnerà fino alla fine.
Un ringraziamento particolare a Roman Kovalev per il contributo dato alla realizzazione di questo articolo
Milano, giugno 2014