Durante una delle tante camminate in montagna Rolando Negoita ha incontrato un pezzo di storia della sua famiglia e del mondo intero: una fotografia della prima guerra mondiale, quella dove anche il nonno ha combattuto, nella quale è immortalato un momento toccante di rara serenità tra soldati al fronte. Complici dei sigari, delle pipe e del tabacco. Da qui nasce la nostra riflessione su alcuni linguaggi universali che accomunano l’uomo da sempre e tra i quali trova un suo posto d’onore anche una bella fumata.
In ognuno di noi si combinano due storie. La nostra storia personale, quella della nostra infanzia, e la storia dell’umanità, quella dell’infanzia del mondo. Entrambe ci precedono, entrambe ci indicano la strada per il futuro. Convivono e per fortuna sanno farsi sempre capire da chi le vuole ascoltare. Succede quando la natura reclama il suo scampolo di eternità, lontano dalla cultura. Sarà successo anche a voi. Arriva un momento in cui il bisogno di tornare con la memoria indietro, a quando tutto era più immediato, diventa una necessità quasi fisica. Quando l’istinto sapeva farsi valere sulla ragione, quando il cuore aveva un posto d’onore vicino al cervello e bastava uno sguardo, un sospiro, un gesto della mano ed era subito condivisione. Prima del linguaggio erano i segni, i suoni, i riti ad avvicinare le persone. Così è per i bambini ed è stato per noi all’inizio della nostra vita.
Prendiamo il gioco. Il gioco è il luogo del “come se”, dove l’immaginazione supera la conoscenza e si sperimenta una nuova realtà. Non servono grandi spiegazioni. Basta lasciarsi guidare dalla voglia di parlarsi con altri mezzi. Alla parola si sostituisce l’azione. Un’azione dove la libertà d’espressione del singolo si combina perfettamente a quella del gruppo. Un’armonia che non conosce barriere geografiche, religiose, linguistiche. È qualcosa che sembra essere scritto nel DNA del mondo, prima che tutto accadesse, e nel momento in cui si vede riflesso nell’altro realizza la sua magia. E mai come in quei casi si avverte il brivido dell’appartenenza a un progetto comune: la vita.
Per Natale un grande magazzino inglese ha deciso di celebrare la festa con uno spot molto commovente e allo stesso tempo inaspettato, che ancora una volta prende spunto dai linguaggi universali che sanno parlare alla gente, ovunque essa viva e qualunque sia la sua storia. Protagonisti dei soldati e una palla (Video). Il tempo del gioco è un tempo che vive al di sopra delle logiche umane e in quella sfera che viene calciata per eludere il destino, c’è un’inversione catartica dei ruoli e stavolta è l’uomo a decidere, beffando per un attimo l’ineluttabilità della volta celeste e delle sue sfere sotto le quali da sempre si muove.
Discorso più fisico anche se altrettanto simbolico è quello di un altro linguaggio universale: la musica. Siamo intrisi di vibrazioni a partire dal battito cardiaco e siamo circondati dal ritmo. Persino il mondo ha un rumore di fondo, un’eco lasciata dal Big Bang che con strumentazioni particolari si può ancora sentire. Tutto è musica intorno e dentro di noi e proprio in questo spazio non verbale l’accoglienza dell’altro è totale. La scienza ha provato che la musica parla senza distinzione di sesso, età e cultura, proprio al nostro cervello il quale poi elabora una risposta emozionale che si può definire appunto universale attraverso due elementi essenziali: il modo cioè la tonalità maggiore/minore e il tempo, ovvero la velocità di esecuzione veloce/lento. Pensate per un attimo alle note che accompagnano alcune scene di film famosi che anche senza il rimando alle immagini sono in grado di trasmetterci un messaggio. Prendete lo Squalo (Video) o Psycho nella scena della doccia (Video), difficile pensare alla gioia e alla serenità. Allo stesso modo non si riesce a stare seduti con Wagner e la cavalcata delle valchirie (Video), viene voglia di alzarsi e andare a fare qualcosa di importante, di grande. E cosa vi succede con la sinfonia numero 5 di Beethoven (Video)?
La musica è terapeutica, la musica ci avvicina al divino, la musica ci rende malinconici o felici, forti o indifesi. La musica che ascoltiamo nel corso di una vita è in fondo la fotografia della nostra anima, di quello che è stata e di quello che sarà. Si parla di sintonia tra due persone proprio per questo, un accordo di suoni che avvicina gli animi sensibili, una corrispondenza, un’intesa, un’armonia per l’esattezza.
Potrà sembrare un azzardo forse fare un discorso analogo anche per la pipa, ma non per noi e la fotografia che Rolando Negoita ci ha fatto scoprire ne è un perfetto esempio. Ha infatti radici antichissime il rituale di fumare insieme, senza bisogno di aggiungere parola, solo respirando lo stesso tabacco per farsi attraversare l’anima dallo spirito del mondo che conosce tutti i linguaggi. Qualcosa di così intimo ma corale. Così meditativo ma conviviale. Un modo per raccontarsi stando in silenzio. Si fumava una pipa per parlare agli dei, per sancire la pace, per affidare al vento pensieri in grado di raggiungere le stelle o anche solo per rilassarsi. Si fuma una pipa insieme oggi per tutti questi motivi e altri ancora. Per sentirsi meno soli, per condividere scampoli di esistenze che ad ogni boccata prendono forme diverse, per confidarsi senza bisogno di dire, per ascoltare senza prestare orecchio ma cuore. Si fuma per partecipare ad un piacere comune, perché fumare insieme la pipa riporta indietro alla vera socialità, quella che si consuma vivendo senza bisogno di un monitor o di una tastiera davanti.
APPUNTI DALLE DOLOMITI (di Rolando Negoita)
Mio nonno materno visse in Transilvania. A quel tempo la Transilvania era parte dell’impero Austroungarico e quando ebbe inizio la prima Guerra mondiale lui venne arruolato nell’esercito. Essendo un avido alpinista e ottimo sciatore si unì alle truppe dei cacciatori imperiali (Kaiserjager), finendo per salire sulle cime delle possenti Dolomiti. Portava sempre con sè una macchina fotografica con la quale immortralava tutti I momenti più toccanti delle sue missioni di pattugliamento. Quelle immagini sopravvissero e vennero raccolte in un album. La scheggia di un proiettile mise fine bruscamente alla sua avventura bellica. Non morì, ma fu rispedito a casa.
L’album di fotografie di mio nonno, le sue storie, la bellezza di quelle montagne catturate dalla sua macchina fotografica, si impressero profondamente anche nella mia immaginazione di ragazzo. Ho sempre voluto andare lassù per ripercorrere quei ripidi versanti e quei cigli esposti e camminare attraverso le buie trincee scavate nella montagna dai soldati.
E infine ci sono andato, ripercorrendo la strada che prima aveva percorso mio nonno, indossando I miei moderni equipaggiamenti cercavo di immaginarmi come avevano fatto I soldati a portare munizioni e cannoni su quegli irti muri di roccia.
Molte storie mi sono venute alla mente sulle relazioni umane che si saranno instaurate tra I militari di entrambe le parti, che prima della Guerra erano solo compagni di arrampicata. È successo questa estate in luglio, stavo salendo sulle Cinque Torri vicino a Cortina quando mi sono imbattuto in un labirinto complesso di tincee parzialmente restaurate. C’erano appesi alle pareti alcuni quadri contenenti cartoline, foglietti e fotografie di soldati.
Questa immagine in particolare mi ha toccato nel profondo, per ovvie ragioni. “La gioia di fumare una pipa”!. Ed è stata questa foto ad innescare l’ispirazione per questo gruppo di pipe. Le pipe Austroungariche e la forma della pipa Ulmer si combinano perfettamente con la serie Conducta. Ho sentito di aver chiuso il cerchio.