Spesso, sui velieri di ritorno dal Nuovo Mondo, dopo qualche settimana di navigazione la stiva iniziava a emanare un particolare profumo. Che cosa mai accadeva in quell'ambiente umido e poco aerato pieno fino all'inverosimile di balle di tabacco, o di barili contenenti le pregiatissime foglie? Per chi era responsabile del carico tutto ciò poteva esser motivo di preoccupazione, ma poi quelle partite "avariate" provenienti dalla Virginia risultavano così appetibili da andare a ruba presso i fumatori. Quale che fosse quello strano processo innescatosi durante il viaggio, l'esito era tanto interessante che si tentò presto di riprodurlo artificialmente.
Più che una realtà storica documentata, è questa una ragionevole supposizione, una sintesi di leggende ma anche di cronache. In realtà furono chissà quanti, in luoghi e tempi diversi, gli eventi casuali che misero in luce il fenomeno. E in luoghi e tempi diversi ci fu chi cercò il modo di innescarlo in condizioni controllate: all'insaputa gli uni degli altri, con risultati più o meno efficaci lavorarono a perfezionare strumenti e metodi tendendo tutti allo stesso risultato. A ben pensarci, fra i pionieri in questo campo possiamo annoverare quei nativi americani che, ai tempi di Colombo, sotterravano il tabacco per un certo periodo prima di fumarlo. Anche in epoca moderna, per molto tempo nessuno fu in grado di dire che cosa realmente accadesse dentro alle balle, alle casse, agli strati, alle masse, ai barili, eppure cose del genere non erano poi così sconosciute: le pratiche legate alla fermentazione sono antiche quanto la produzione del formaggio e del vino, la lievitazione del pane. Lavorazioni scoperte anch'esse per puro caso, spesso grazie a uno o più "malaugurati" incidenti, e trasformate poi in qualcosa di voluto e razionale solo dopo aver faticosamente capito che, se ben indirizzato, l'"incidente" portava a decisive migliorie nel prodotto. Sappiamo ora che, in determinate condizioni ambientali, ad agire sono microorganismi i quali traggono l'energia necessaria per vivere da processi ossidativi anaerobici (a carico di particolari sostanze chimiche) favoriti da specifici catalizzatori chiamati enzimi; che quei processi portano alla demolizione di alcune molecole e alla formazione di altre con una notevole produzione di calore. Sappiamo soprattutto che proprio queste tempeste scatenate a livello microscopico sono quel che ci vuole per trasformare il tabacco grezzo in quella magica materia dalla quale si sprigionano, proprio per noi, piacevoli nuvole di fumo.
Quando il tabacco grezzo arriva in barili o in balle al luogo della lavorazione le foglie vengono liberate dai legacci, dagli involucri e stese su larghe superfici, indi selezionate così da dividerle per dimensioni, colore, consistenza. Si creano in questo modo insiemi quanto più possibile omogenei da sottoporre al trattamento; o meglio a uno dei tanti possibili trattamenti. I metodi non sono pochi e dipendono dal luogo, dal tipo di tabacco, dal prodotto finito che si vuol ottenere; alcuni aspetti generali, però, li accomunano: la fermentazione richiede un contesto piuttosto umido, poco o pochissimo aerato; la possibilità di arieggiare è necessaria (specie in alcuni casi) per poter regolare il processo evitando che questo vada fuori controllo.
Si diceva che dipende dal luogo, ma sotto alcuni aspetti le differenze ci sono fra azienda e azienda: questi metodi tradizionali discendono da pratiche che ognuno ha perfezionato per conto proprio e che nessuno è disposto a divulgare. Dipende poi dal tipo di pianta: se il tabacco è scuro la foglia è robusta, contiene tanto materiale da affinare e richiederà una fermentazione decisa, a fondo, per certi versi violenta che porterà a un materiale di colore bruno. Se invece abbiamo tabacco biondo la foglia è meno corposa e non abbisogna di eccessivi trattamenti; per di più il suo colore chiaro è uno dei pregi del prodotto e la fermentazione lo renderebbe scuro: per affinarlo ci si limita a una sorta di fermentazione blanda, la stagionatura. Altri tabacchi di caratteristiche intermedie richiedono trattamenti intermedi. Dipende anche dal prodotto da ottenere: per le foglie destinate ai sigari la lavorazione è più complessa e impegnativa; per quelle che bruceranno in una pipa c'è qualche complicazione in meno, senza che per questo diminuiscano la cura e la ricerca della qualità.
Una delle regole della fermentazione è: quanto più intenso vuoi che sia il processo, tanto più devi bagnare le foglie e tanto più grandi devono essere le masse da trattare. Il perché è chiaro: l'ambiente umido stimola l'attività dei microorganismi, i quali sono spinti dalla mancanza d'aria ad avvalersi degli enzimi (che demoliscono le catene molecolari) per ricavare l'ossigeno necessario alla loro esistenza; e più la massa è grande, più scarseggia l'aria al suo interno. Ebbene: quando le foglie sono ben bagnate e ammassate in mucchi enormi, da tonnellate di prodotto, il processo si fa davvero spettacolare. A questo genere di trattamento sono in genere sottoposti i tabacchi più scuri, quelli che più abbisognano di fermentazione. All'interno delle grandi masse si arriva a temperature consistenti, perfino pericolose: il rischio d'autocombustione è concreto. Nei grandi locali dove tutto avviene stazionano in continuazione operatori esperti capaci di avvertire dal minimo indizio quando è il caso di intervenire: praticano cavità nei mucchi per piazzare termometri, in caso di pericolo intervengono scavando fori, disfando velocemente l'insieme e arieggiando. Gli stessi, a cadenze regolari e facendo attenzione a non rovinare le foglie, rivoltano tutto il cumulo in maniera da portar dentro quelle che stavano in periferia e fuori quelle che stavano al centro: si ottiene così una buona uniformità nel trattamento del tabacco. Ma gli esperti devono anche decidere quando smettere: se si continua al di là d'un certo stadio il tabacco peggiora, fino a doverlo buttare; ma loro sanno giudicare dal colore, dal profumo, dall'evoluzione delle temperature e interromperanno tutto proprio al momento giusto, dopo circa un mese di occhiuta sorveglianza.
Altre lavorazioni sono meno spettacolari ma non per questo meno efficaci. Coinvolgono masse relativamente più piccole di tabacco, non bagnato ma più o meno umidificato. Dopo la selezione iniziale i tabacchi, bruni o di altro genere, vengono raccolti in balle più o meno grandi, in mucchi coperti da stuoie o inseriti in casse speciali a pareti mobili che poi si ammassano l'una sull'altra . Meno grande è la massa, meno intensa è l'umidificazione e più ci metteranno le foglie a fermentare: anche parecchi mesi. I pericoli d'incendio sono minori ma è comunque necessaria una continua sorveglianza. Il personale esperto deve sempre poter valutare a che punto è il processo, e in base a una serie di considerazioni decidere se accelerarlo o rallentarlo agendo sulle balle, sui mucchi, sulle casse: per fare un esempio, se muovendo alcune delle sue pareti rendo più stretta la cassa, la fermentazione accelererà; se la allargo, arieggiando, rallenterà. Se stringo le corde che tengono insieme la balla vi sarà un'accelerazione, se le allento avrò l'effetto contrario. Sono questi solo alcuni esempi in un mare di differenti situazioni: davvero le varianti non si contano. Si consideri tra l'altro che a volte l'acqua per bagnare o inumidire è in qualche modo aromatizzata; che in certi casi le balle vengono sistemate in grandi locali nei quali si creano artificialmente condizioni ottimali di temperatura e umidità per accelerare la lavorazione; che alcuni particolari tabacchi, mentre fermentano, vengono tenuti sotto pressione con appositi torchi.
Una volta assoggettate alla fermentazione o addirittura a diverse fermentazioni successive, le foglie vengono nuovamente ammassate in balle o involucri per il periodo di stagionatura: quella fermentazione molto, molto lenta che perfeziona ulteriormente il prodotto. I tabacchi più chiari, una volta curati, sono nuovamente seccati ad alta temperatura, raffreddati, trattati a vapore per riacquistare il giusto grado d'umidità e morbidezza. Dopo l'asportazione delle nervature iniziano poi un periodo di stoccaggio in condizioni controllate durante il quale ha luogo la loro stagionatura: processo in questo caso ancor più importante, mancando la fase fermentativa. Alla fine di tutto questo i tanti tabacchi, chiari o scuri che siano, si trovano nelle condizioni ottimali per affrontare le ultime fasi che precedono la vendita: ora che hanno acquistato le giuste caratteristiche di aroma, gusto, colore, combustibilità si avviano a diventare sigari, sigarette, miscele per pipa. E' ovviamente quest'ultima la categoria che più ci interessa e di cui seguiremo le ulteriori vicissitudini.